energico, buon parlatore e di fisico robustissimo. Ne andò di mezzo l’economia domestica, come pure risulta dal testamento, in cui scrive che lasciava poco al nipote « perchè poco ci siamo applicati alle cose familiari e sempre havemo procurato di essere in tutte le cose disinteressati». Fu tacciato di non essere .troppo pio e avverso alla Curia romana. Non sembra, perchè al suo erede raccomanda prima « il timor di Dio eh’ èl fondamento di ogni bene dopo l’amor di patria a cui tanto siamo tenuti » ed in ultimo « la satisfattone delle monache uscite dalla nostra casa». Circondato da tanta stima e considerazione non è da meravigliare se dopo la morte di Giovanni I Corner, benché non fosse stato insignito della porpora procuratoria, abbia potuto essere elevato, il 18 gennaio 1630, al dogado. Anche questo fu un lungo conclave con ben cinquantasette scrutini. Ebbero voti i cavalieri e procuratori Fracesco Erizzo, Renier Zeno, Giovanni Nani, Simon Contarmi, Girolamo Soranzo e Girolamo Corner, i procuratori Antonio Barbaro, Zaccaria Sagredo, Francesco Morosini, i patrizi Michele Priuli, Pietro Bondumier, Battista Nani, Pasquale Cicogna e Marcantonio Moce-nigo. Gravi eventi si svolsero durante il suo dogado: la guerra per Ir. successione di Mantova e del Monferrato, che riuscì dannosissima per Venezia, e la terribile peste descritta dal Manzoni. Egli morì a settantotto anni, di morte naturale, mentre il morbo imperversava ancora, il i° aprile 16^1. Fece dono alla chiesa di S. Maria Nova di parte del miracoloso sangue, che si conserva nel tesoro di S. Marco. Non prese moglie e non lasciò discendenti. 234 -