34 COMMEMORALI, LIBRO XI. il comune di Cattaro : la Signoria, esortata dai detti rappresentanti a finirla col Balsa, signore malfido, povero e debole, provvederà a’ propri interessi ed a’ quelli de’ propri sudditi come crederà meglio, intanto prolungò con esso la tregua fino allo spirare del Maggio. Le spese, promesse farsi da quelli di Cattaro, per le ville tolte al Balsa, saranno pagate da Venezia, purché non eccedano le rendite di quel comune ; le dette ville non saranno mai restituite al detto signore. Si ordinerà al conte di far osservare in detta città la legge fatta in Venezia sui beneficii ecclesiastici per evitare le contese fra preti. Si confermano al comune e ai privati di Cattaro la proprietà e i diritti sul territorio della Lustizza e sulle saline fattevi, a condizione che il sale prodotto si venda allo stato ai prezzi praticati in quella dogana. Si conferma al detto comune il possesso del castello di Budua e sue pertinenze e distretto, purché sia ben custodito. Si scriverà al voivoda Sandal per la liberazione dei nobili cattarini che tiene prigioni ; ne furono fatti uffici anche coi di lui ambasciatori e con quelli del re di Bosnia. Dimostrata 1’ utilità di subornare i sudditi del Balsa con doni, si provvederà a spedire a Cattaro panni e denari a tal uopo quando continui la guerra con quel signore e con Stefano (Cernovich?). Si scriverà al voivoda Rodoslavo Paulovich onde sia amico ai cattarini. Si permetterà che traggano ogni anno certa quantità di grano dalle fiumere venete dell’Albania pel consumo di quella città. Non si può acconsentire a non accrescere le antiche gabelle, essendosene imposte alcune di nuove generali. Furono già mandate a Cattaro diverse armi pei casi di bisogno. Si chiude ordinando al detto conte e successori la esecuzione di quanto sopra. Data nel palazzo ducale di Venezia. 79. — 1421, ind. XIV, Aprile 29. — c. 70 (68) t.° — Francesco Leoni e Jacopo Barbarigo (v. n. 77), sull’istanza di Bartolomeo di Rizzardo, Lombardo del fu Bartolomeo Lanario e di Alberto di Francesco da Galzignano, rappresentanti il comune di Este, onde fossero tolti gl’ impedimenti alla navigazione del canale fra quella terra e Monselice ; uditi Antonio di Bartolomeo Scolda e Antonio di Barnaba pel comune di Arquà ; Rambaldo Capodivacca, Vivaldino notaio, Nicolò da Trento, Bartolomeo Bellato, Antonio maniscalco, Giannino sarto, Pietro dal Ferro, Jacopo Dodo, e Domenico Carerio, pel comune di Monselice ; Prosdocimo de’ Conti per Bonifacio de’ Conti proprietario della prearea (cava di pietre) di Marendole, Vittore Barbaro per Bartolomeo ed altri Donato (di Venezia) proprietari della prearca di Montebuso ; Pietro Volpe di Padova ; visitati i luoghi ; visto lo statuto di Padova ; decretano : lo scavamento del detto canale, sgombrandolo presso le dette prearee (cave di pietra) dalle scaglie ed interrimenti, nella misura prescritta dal mentovato statuto, a spese per un quarto dei proprietari delle cave, e per tre quarti dei comuni di Monselice ed Arquà. Che il lavoro sia fatto entro il Settembre ; compiutolo, sarà proibito condurre alla riva delle cave le scaglie (scalee) sotto pena di 100 lire, e caricarvele sui navigli, ma il caricamento sarà fatto alle rive dei canaletti laterali, i quali all’uopo s’ingrandiscano. Il detto canale sia poi sgombrato da ogni altro impedimento a spese dei comuni di Este e Monselice.