avvertire che anche il principio a cui ci siamo attenuti nella scelta dei canti non è stato puramente scientifico, e pur cercando che ogni tipo di canto fosse rappresentato, abbiamo qualche volta sacrificato l’interesse folcloristico a quello estetico. Noi siamo persuasi che non v’è errore peggiore di quello che Pencio Slavejkov rimproverava agli studiosi e ai raccoglitori di canti del suo tempo (1): di non valutare cioè la bellezza profonda, semplice, schietta dei canti popolari, ma di raccoglierli e anatomizzarli come cose morte e fredde. E abbiamo preferito quindi cadere, se mai, nell’eccesso opposto. Per la traduzione abbiamo preferito come già per i canti bulgari (2) quella in prosa, che fra i tanti difetti, ha almeno il pregio di essere fedele allo spirito e alla forma del testo originale. Confessiamo che la fatica non è stata lieve; sia per la mancanza di bibliografia, che impediva uno studio più profondo e più sistematico dell’argomento, sia per la ricchezza inesauribile della lingua polacca, sia per le difficoltà delle espressioni dialettali e per il continuo riferimento a usi e costumi popolari. Tutti ostacoli veramente gravi per uno straniero. Di questi ostacoli, di queste difficoltà dovrà tener conto il lettore per giustificare le manchevolezze che riscontrerà nella no6tra raccolta la quale è la prima a presentare, sia pur modestamente, i canti popolari polacchi in Italia. Luigi Salvini. (1) Pcncio Slavejkov — Bàlgarska literatura — Sofija, 1923 voi. II, pag. 17. (2) Canti popolari bulgari scelti e tradotti da L. Salvini. Roma 1930. * 20 *