106 Mentre confusa ed avvilita giace Natura nel dolor. Qual taciturno Tristo silenzio dopo gli empi oltraggi Fatti all’ Uom-Dio succede, infin che 1’ alma Sulla croce esalò! Fino gl’indegni Carnefici e gl’ ingiusti aspri nemici Veggono il fallo, e van battendo il petto Per confusion. Dà luogo il furor cieco Al rimorso più crudo: Ali sì, eh'Egli era Davver tiglio di Dio! Fugge, malgrado L’iniquo cuor, tal verità dai labbri D’ogni uom; così il giudeo tardi s’avvede Del fallo atroce, e testimon gli rende; Così un popol furente al Uege estinto, Malgrado suo, fa vero elogio. E quale Lode più grande, che d’iddio per figlio Confessarlo anche allor ch’estinto giace? Eccomi all’antro, ove il Signor del mondo Deposto è da suoi fidi. Oli, quanto vario Spettacolo è egli mai da quei, che pieni D’orror finora mi colpiro i sensi! Non è questa una tomba: essa è un trofeo Alla gloria innalzato, un trionfale Arco di vincitor. Prostrate al suolo Giaccion le guardie, il monumento è aperto ; Da un lato è il sasso, che il chiudea; di bianca Stola di neve al par l’angel s’ammanta, (’he della tomba sta all’ ingresso assiso, E gridami da lunge: t Uom, che cerchi, l'iu qui non è\ risorse. Oh, quanto è varia La nobile iscrizion da quanto io lessi