DOGE: GIOVANNI SORANZO. 23 chiara che, fatti i conti con Pagano e Nicolò Singulo (Signolo ?) veneziani, restò debitore di 280 fiorini d’ oro verso Benedetto Pagano, e ne promette il pagamento (v. n. 133). 133- — s. d., (1328, Marzo). — c. 33 (39) t.° — Giovanni mercante d’Augusta scrive a Benedetto Pagano : proceder bene le cose dell’ impero ; avere sborsato fiorini 105 a Nicolò Pagano a debito d’esso Benedetto; aver fatta pel residuo suo debito una obbligazione (v. n. 132), che promette di pagare (v. n. 148). 134. — (1328), Maggio 17. — c. 46 (52) t.° — Filippo re di Francia scrive al doge ringraziandolo della sua buona disposizione, attestatagli da un messo ducale, di far giustizia a Pincarello de Premiano (sic) e a Giovanni della Croce di Mompel-lieri, regi sudditi (v. n. 127 e 156). 135. — 1328, ind. XI, Maggio 20. — c. 34 (40) t.° — Sindicato con cui Matteo de’ Sommi da Cremona podestà ed il comune di Ferrara danno facoltà al notaio Nicolò de’ Caparelli di rappresentarli nei tribunali di Venezia, e davanti ad ogn’ altra autorità, come procuratore generale. Fatto nel palazzo publico di Ferrara. — Testimoni: Bonmercato di Prando, Iacopo degli Agazoti, Stefano di Berardo e Giovanni Beccaria, tutti notai ferraresi. — Atti Guiscardino del fu Amandino notaio dell’ ufficio delle riformagioni (v. n. 137 e 138). 136. — (1328), ind. XI, Maggio 26. — c. 105 (111) t.° — Ducale che dichiara doversi da tutti e dappertutto considerare per veneziano Isacco del fu Giovanni Vernerò, che, passato fanciullo in Tartaria al tempo della presa di Accone, ritornò ora a Venezia. — Con bolla d’ oro. Data nel palazzo ducale di Venezia. 137. — s. d., (1328, Maggio). — c. 34 (40) t.° — Commissione data dal comune di Ferrara a Nicolò de’ Caparelli inviato a Venezia: Chieda che questa, uniformandosi alle prescrizioni degli statuti ferraresi (v. n. 138), faccia restituire al detto comune i beni posti in villa della Guarda e in Alberone, venduti a Marco Michele veneziano (e dei quali costui era stato messo in possesso dai marchesi d’Este) da Bonaventura Bachino di Loreo e da Pietro del fu Bongiovanni degli Alberici di Gavello, che li avevano acquistati da Guglielmo Pelizono dei Caccianemici di Bologna, da Giacomo detto Brusa del fu Giacomo della stessa famiglia e da Beatrice del fu Ugolino detto Rampasino de Ioculis tutti abitanti a Ferrara, i quali non potevano legalmente cedere quelle possessioni ad acquirenti non ferraresi (v. n. 135 e 150). 138. — 1328, ind. XI, Giugno 1. — c. 35 (41). — Copia di articolo dello statuto di Ferrara, che vieta ad ogni abitante in quel territorio di alienare beni stabili