DOGE: FRANCESCO DANDOLO. Il cittadinanza simile al riferito sotto il n. 169, rilasciato in doppio esemplare, con bolla d’ oro e di piombo, al cavaliere Giovanni di Camposampiero. 239. — (1331), Dicembre 10. — c. 106 (112) t.° — Annotazione simile al n. 190 per Iacopo muratore del fu Buono Pallestrin. 240. — s. d., (1331). — c. 76 (82). — Parere dato da Pietro Grimani, Nicolò Morosini, Giustiniano Giustiniani, Giovanni Foscarini e Iacopo Gradenigo eletti dal senato e dalla quarantia (ai 27 Giugno) a dare un voto nella causa vertente fra lo Stato ed Angelo Marcello e consorti accusati di occupazione di terreni publici posti in Visignon e Cona, ove 1’ abate de’ SS. Ilario e Benedetto aveva ceduto beni al fu Benedetto Marcello nel 1235. Dopo lungo ragionamento, dichiarano essere i beni contestati proprietà del comune, e nulle le sentenze pronunziate da Tomaso Sagredo e soci, e da Bellino Landò e compagni già giudici del Piovego a favore dei Marcello ; raccomandano questi ultimi per le spese sostenute nel migliorare i fondi, e consighano una transazione, se non volessero assolutamente rinunziare ai detti beni (v. n. 225). 241. — 1331, ind. XV, Gennaio 9 (m. v.). — c. 73 (79) t.° — Tomasino tiglio ed erede del fu Albertino, fratello ed erede del fu Iacopo Fontana di Piacenza, per sè e qual procuratore di Giovanni giurisperito fratello di Iacopo, e rappresentante di Gaspare, Iacopo e Baldassare pur figli di Albertino (procura in atti Bassano Oliano ed Oberto de’ Gimi notai di Piacenza), dichiara di aver ricevuto da Pietro Pisani, Andrea Baffo e Nicolò da Mosto camerlenghi di comune 350 ducati d’oro, in correspettivo della rinunzia da lui fatta ai diritti derivanti a tutti i nominati piacentini da lettere di marco contro i veneziani, rilasciate loro dal comune di Piacenza in compenso di danni dati al detto Iacopo nelle acque di Laiazzo dalla flotta veneta comandata da Marco Basilio (Baseggio). Fatto in Rialto nella residenza dei camerlenghi. — Testimoni : Leonardo e Lorenzo scrivani e Marco servo dei camerlenghi. 242. — 1332, ind. XV, Gennaio 19. — c. 190 (196). — Desiderato notaio figlio del fu Franchino da Vicenza, essendo presso a morte, dichiara al suo confessore Enrico pievano di Serravalle, che il testamento di Rizzardo del fu Gerardo da Camino, era vicario imperiale a Treviso, scritto ed autenticato da esso notaio il 7 Aprile 1312, non fu dettato da quel signore allora pericolosamente malato, ma fu da esso dichiarante compilato, obbligatovi con minaccie da Tolberto e Biachino da Camino conti di Ceneda, da Rambaldo di Collalto conte di Treviso, da Odorico di Cuccagna, Serravalle da Camino, Ardengo degli Ardenghi da Padova, Dusio degli Scotti di Conegliano, e dai frati Giannino ed Arrivabene minoriti eh Treviso, che tutti appariscono come testimoni nel detto documento, il quale perciò è falso. Fatto in Serravalle in casa del dichiarante. — Testimoni: Vendramino, Artico di Bianco, Iacopo de’ Rambaldoni da Feltre, Mondo del fu Enrico Bavere notaio da COMMEMORIALI, TOMO II. <5