DOGE: GIOVANNI DELFINO. 317 ed alla cura della stessa l’adempimento dei legati pii, nel Trivigiano e Cenedese, disposti da lui e da’ suoi predecessori. Stilichia starà con uno dei detti figli alla Motta, Iacopina coll’altro in Solighetto e Fregona, ed amministrino i beni fino all’età maggiore dei ragazzi, il che fu giurato dalle due signore, che succederanno l’una all’ altra, in caso di morte, nella tutela dei figli. Ordina la restituzione di certi suoi debiti ai suoi vassalli di Motta, Solighetto e Fregona, da farsi colle rendite dei mentovati beni e di quelli di Cesalto e d’ altri. Istituisce eredi universali i suoi figli viventi e i postumi eventuali sostituendo i superstiti a quelli che morissero. Se mancassero tutti, chiama erede Guecellone del fu Gerardo da Camino conte di Ceneda, qualora sia devoto e fedele a Venezia, altrimenti i predetti suoi eredi necessari possano disporre dei beni come vorranno. Lascia a sua madre lire 2500 di piccoli, sua dote, più lire 400. A sua moglie la dote di lire 2000, le vestimenta ed ornamenti, più lire 1000. Se i figli postumi fossero femmine, abbiano al maritare la dote consueta darsi alle donne di casa da Camino. Fatto in Treviso in casa di Franceschino del fu Sergio di Castropola. — Testimoni : Giovanni del fu Rainieri da Mosto massaro del comune di Treviso, il Castropola predetto connestabile equestre ivi, fra’ Nicolò da Portobuffolè eremitano, prete Iacopo da Montebelluna, prete Bartolameo rettore della chiesa di S. Giovanni di Riva, mastro Roberto e mastro Pietro fisici del comune, Paolo di Rernardo notaio di Luca Leoni capitano di Treviso, Matteo del fu Biagio da Oderzo. — Atti Ubertino del fu ¡Maffeo da Fara notaio imperiale e cancelliere del comune di Treviso. 22!. — (136Q), Dicembre 21. — c. 98 (99) t.° — Carlo IV imperatore dei Romani al comune di Venezia. Si lagna che siano andate a vuoto le pratiche per ottenere la restituzione del rame di Giovanni Smauser da Praga, ed intima che tal restituzione sia fatta tosto a Corrado Voeyt da Praga marito della vedova e tutore dei figli della Smauser o al suo mandatario latore della presente, minacciando altrimenti di provvedere da se al risarcimento dei propri sudditi (v. n. 199 e 232). Data a Norimberga, anno 45 dei regni, 6 dell’ impero. 222. — 1360, ind. XIII, Dicembre 26. — c. 93 (94) t.° — Ambrogio della Torre canonico e procuratore del Capitolo d’Aquileia approva e ratifica quanto è contenuto nel n. 161. Fatto ed atti come il n. 161. — Testimoni: Filippo de’ Megliorati da Reggio e Giovanni di Montecchio da Verona abitante a Udine, giurisperiti, Giovanni prete priore dell’ ospizio di S. Marco, Rinaldo Gonduino canonico d’ Aquileia e Giovanni da Cividale famigliare del patriarca d’Aquileia. 223. — 1361, ind. XIV, Gennaio 13. — c. 97 (98). — Istrumento in cui si dichiara che, volendo la veneta Signoria conservare amicizia con Genova, stabilì di ordinare al suo console alla Tana, al bailo in Costantinopoli e a tutti i suoi rappresentanti in Crimea (Gazaria) di far publicare entro la rispettiva giurisdizione : che tutti i veneti debbano trattar bene e non molestare i genovesi, che, in caso di lite non pongano mano all’ armi senza licenza dei detti uffiziali sotto pena di 200 ducati