Al principio della guerra venne occupato dai nostri e servì di alloggio al Quartier generale; S. M. il Re lo onorò di una visita, e Ugo Ojetti ne catalogò le opere d’arte e le suppellettili ; anzi, quando la linea nostra si spostò verso il Maso, 1’ Ojetti dispose l’immagazzinamento degli arredi, portando con sè a Firenze e depositandoli presso la Galleria degli Uffizi tre ritratti muliebri di Franz v. Lenhach (1836-1904) e quattro pannelli di legno dipinti a tempera tolti da un cassone nuziale. Foco dopo il castello cominciava a venire ferocemente bombardato dall’altopiano di Asiago e dall’Ortigara e poi seguì le vicende della prima linea, rimanendo bensì in piedi, ma sforacchiato e spogliato del tutto. Una diligente relazione dell’ ingegnere distrettuale di Borgo nel maggio 1921 ne descriveva le condizioni ; da esso apparisce che i numerosi fori di granate e la lunga esposizione dell’ interno alle intemperie non avevano compromessa ancora la solidità dell’insieme dell’edificio, essendo robuste le muraglie e le volte; che però i tetti di scandole di castagno e i soppalchi di larice erano in gran parte infraciditi e crollati o venivano mano a mano crollando sotto 1’ azione delle pioggie e delle nevi (fig. 511); che, continuando il castello a rimanere così abbandonato, era prevedibile il crollo anche delle volte; concludeva proponendo un accordo con i conti VVolkenstein per il ripristino del-l’edificio. Il castello passò ora in proprietà del sig. Francesco Standacher, che lo va amorosamente restaurando ; la copertura è quasi rifatta e con essa rifatte alcune volte e parte della muraglia perimetrale. Rimangono tuttavia ancora numerose e gravi le tracce della tempesta (fig. 512). L' arredamento avanti guerra era ricchissimo, tanto da essere valutato a 1.500.000 corone di quei tempi. I soli cassoni nuziali del ’400 e ’500 sommavano a circa 60; molti anche i panconi con alti schenali e bracciali, numerosa la biblioteca di libri moderni suntuosamente rilegati, e notevole la raccolta di autografi dei due Wagner, di Litz, di altri ospiti del castello ; aggiungi arazzi, damaschi, mobili antichi d’ ogni sorta. I quattro pannelli di un cassone dipinto (m. 0,78 X 0,28), già tratti in salvo dal-1’ Ojetti e poi, come mi scrive il Poggi, restituiti ai proprietari, furono da questi venduti all’ Ojetti stesso. Siamo lieti di poter riprodurre qui le fotografie (figg. 513-514), dalle quali è dato di rivelar il soggetto di ciascuno: Muzio Scevola brucia la mano — Gli Orazi e i Curiazi scambiano le armi — Bruto condanna i figli (?) — Virginio uccide la figlia. L’Ojetti, in una sua relazione al Sottocapo di Stato maggiore, li giudicava opera toscana; a noi, per quel poco che si può vedere dalle piccole oscure riproduzioni, sembrerebbero piuttosto opera veneziana-padovana della seconda metà del '400 ; ma, non avendo sott’ occhio gli originali, non osiamo pronunciarci. Ebbero invece in parte sorte diversa le opere del Lenbach. Molti erano in origine i ritratti del grande pittore nel castello : di Litz, di Wagner e di parecchie signore di Monaco ; ma il vecchio conte morendo lasciò in legato a ciascuna signora il rispettivo ritratto; gli altri, tra cui quelli dei celebri musicisti, scomparvero al momento della occupazione. Non ne erano rimasti, come abbiamo accennato, che tre : uno ad olio a mezza figura di una signora anziana ma ancor bionda firmato in allo a destra : F. Len-bach 1873 (0,97 X 0,72), un’ altro, pure ad olio e a mezza figura di una signora più giovane con nastro viola nei capelli e nastro nero al collo (m. 0,82 X 0,67), assai vivace, racchiuso entro un ovale, opera certa dello stesso artista anche se non firmata; il terzo, il più bello dei tre, con sola testa a pastello di una signora (la contessa Wolkenstein) dal cappello riccamente e capricciosamente piumato, opera firmata F. Lenbach 1898, piena di vita e di espressione dagli occhi scintillanti nel sorriso (fig. 515). Parve dapprima che le RR. Gallerie di Firenze intendessero trattenere per sè questi dipinti, che certamente avrebbero) aggiunto ricchezza anche a quelle ricchissime collezioni ; ma protestò vivamente e ripetutamente la R. Sopraintendenza alle Belle Arti di Trento. Tuttavia i dipinti, se non restarono più agli Uffizi, non tornarono nemmeno a Trento per abbellire quel Museo; quello a pastello è ora alla Galleria Stibbert di Firenze,