DOGE: GIOVANNI SORANZO. 141 nè contro l’imperatore il comune poteva alcunché, nè può essere responsabile di ciò che fecero gli ufficiali imperiali. Circa al sale che si pretende venduto a minor prezzo del suo valore al tempo di Maffeo de Maggi, i querelanti che erano persone potenti, se avessero avuto giuste ragioni 1’ avrebbero reclamato prima. Se accettarono il prezzo, vuol dire che ne furon contenti. Brescia è tuttavia pronta a stare al diritto anche pei punti precedenti. Al tempo del danno patito da Giuliano Belli, ardeva la guerra, nè il comune è responsabile del fatto. Venezia da parte sua, è tenuta a risarcire i danni sofferti da Alessandro de’ Tangetini. È falso che siagli stata offerta una galea, chè F avrebbe accettata. Egli spese 45 sol. ven. di gr. per nolo, e gli stessi trattati ingiungono il risarcimento, essendo il fatto accaduto nelle acque di giurisdizione di Venezia, che pur provvide a’propri interessi contro Ferrara. Brescia è pronta a sostener sue ragioni in luogo competente, nè può rinunziare al proprio diritto. Atti Belino de Ustiano not. e diclator del podestà di Brescia (v. n. 606 e 621). 620. — (1314), Maggio 12. — c. 216. — Marco figlio di Albertino da Costa confessa, senza essere tormentato, a Nicolò della Fontana podestà di Cavarzere d’a-vere ucciso, a mezza via fra Conca di Rame e Rovere de Crede, uno sconosciuto da lui visto in Solesino, e d’avergli tolto varie cose che descrive, parte delle quali vendette a persone di Chioggia. — Interrogato il di dopo se avesse commesso altri delitti in regno Veneliarum, risponde di no (v. n. 625). 621. — 4314, Maggio. — c. 225 t.° — Bisposta del doge a quanto si contiene nel n. 606. Circa ai danni sofferti nel bresciano dai propri sudditi Marino e Francesco fratelli Belosello, figli e nipoti, Nicolò Dalismano e Soldano suo fattore, pei quali fu già inviato a Brescia Pietro Lanzolo, onde procedere con tutta giustizia, il doge ordinò ai provveditori di esaminare 1’ affare e di udire gli ambasciatori bresciani se vogliono produr ragioni. Ai medesimi provveditori fu demandato 1’ affare di Giuliano Belli, al quale il doge crede che Brescia debba risarcimento. Circa il fatto di Alessandro de’ Tangetini, il doge gli offri una galea armata, ma egli non volle profittarne. Spiacque ai veneziani il fatto ; nessun diritto li obbliga a risarcimento; offre tuttavia i suoi uffizi per giovare al predetto cavaliere. Esaminati i publici registri, non fu trovato esistere debito veruno verso Binaldo di Marcaria ; si farà il pagamento se i creditori proveranno il loro diritto (v. n. 622). < 622. — 1314, Marzo, ind. XII, (sic, Maggio?) 25. — c. 228 t.° — Ducale a Giovanni da Lucino podestà ed al comune di Brescia. Bispondendo all’ esposizione di Berengario da Leno e di Apollonio de Hormerinis (v. n. 619), il doge dichiara: meravigliarsi delle risposte del comune che dice obligato a risarcire i danni dati ai veneziani; poter Venezia provvedervi per via di rappresaglie; aver però proposto un arbitrato ai detti ambasciatori, che, rifiutatolo, partirono. Finisce chiedendo un’ ultima volta il risarcimento. Circa alla dimanda di compenso per Alessandro de’ Tangetini, ripete non esservi tenuta Venezia, e stupisce della protesta fatta per ciò dal de Leno. Perchè Brescia possa apprezzar meglio il fatto, ricorda che, arrivato il Tangetini a Venezia, vi fu onorevolmente ricevuto dal doge P. Gra-