208 COMMEMORIGLI, LIBRO II. 180. — s. d., (1319, Settembre 27 ?). — c. 58. — Risposta del doge agli ambasciatori imperiali di Costantinopoli (v. n. 179). Circa l’affare del de Mare venuto sulla galea del nunzio imperiale Stefano Siropulo, prova falso 1’ asserto, e cita testimonianza di Giovanni Michele capitano in Golfo, e del figlio dell’ imperatore marchese di Monferrato, il quale in Avalona guarentì che il de Mare non molesterebbe i veneziani, mentre il Michele accompagnava colla flotta il marchese. Fa Tisaltare il mal contegno d’essa galea che, trattata con ogni cortesia in Venezia, andò corseggiando nell’ Adriatico e nel Quarnero a’ danni dei veneziani. Chiede che l’imperatore risarcisca le perdite causate dal de Mare a Marino Galone e a Rinaldo de Lanzano, col derubare nel Quarnero le loro merci portate da Rarca di Perpeto e Stefano de Respe di Artona, e a Dardi Bembo cui fu saccheggiato un legno comandato da Astolfo da Fano. Circa il fratello dell’ ammiraglio, esso fu preso da Andrea Cofnaro mentre esercitava la pirateria. Il Cornaro lo tiéne come latino e genovese e proprio nemico, che gli sollevò più volte F isola di Scarpanto, e quindi non può essere compreso nella tregua. Per gli altri danni, Venezia è disposta a trattare nei modi stabiliti dai patti (v. n. 181 e 252). 181. — s. d., (1319, Settembre 27). — c. 58 t.° — Querele presentate dal doge agli ambasciatori imperiali di Costantinopoli per infrazioni alle tregue. In Costantinopoli o non si permette ai veneti di vendere mercanzie; o, quando si permette, sono obbligati i compratori a pagar dazio. Si esige dazio anche sulle merci veneziane dai padroni di navi estere che le portano. Si fa pagare imposta ai marinai greci imbarcati su legni veneti. I veneziani non possono vendere a chi vogliono le loro possessioni nell’ impero ; danneggiati dagli imperiali, non sono compensati, come è stabilito, direttamente dal tesoro imperiale, nè loro si restituiscono i dazi esatti indebitamente. In Salonicchi, come asserì Marco Celsi, che fu colà console veneto, i doganieri impediscono ai veneziani il pronto scarico dei loro navigli. Quel capitano proibì a due veneziani di scaricare le loro rascie, volendo venderne delle proprie. Si impedì al detto console un affare di vallonea. Si proibisce ai veneti di comprar legumi. Non si concedono loro le case promesse nelle tregue. Nelle questioni dei greci coi veneti non si permette a questi di ricorrere al loro console. I doganieri tolsero per forza ad un veneto frumento ivi comprato e lo diedero ad un genovese (v. n. 180 e 182). 182. — 1319, Settembre 27. — c. 59. — Elenco di danni dati da sudditi imperiali a veneziani, pei quali il doge chiede agli ambasciatori greci il risarcimento conforme alla tregua. 1314, Maggio 12: Giorgio Ganza protentino d’Avalona derubò a Moretto di Nicolò Moro molte merci, che si descrivono, per s. 865 di den. ven. gr., dopo che il Moro era fuggito dall’ incendio d’Arta del 31 Agosto 1313, ove era venuto il Ganza per esigere il riscatto di legni ed uomini di Corfù. 1314, Novembre: Pietro Pisani detto Schiavo fu preso con sua barca nel viaggio da Corfù ad Avalona, e n’ ebbe danno di perperi 100. 1315, Febbraio: Pietro di Nicolò Moro provò a Marco Veniero console veneto