DOGE: GIOVANNI SORANZO. 137 tre navigava da Riva verso Verona, rispondano che, a quel tempo, Brescia era in guerra contro la riviera ; tuttavia, se lo deve, risarcirà il Belli del danno patito (s. 50 di gr. ven.) e del riscatto pagato (8 lire di gr.). Chiedano compenso dei danni sofferti dal nobile bresciano Alessandro de’ Tangetini, il quale, preso e spogliato nelle acque di Venezia presso il porto di Volano mentre con due giudici, due cavalieri ed altri fainigliari andava podestà in Ancona, fu condotto a Ferrara ed ivi tenuto in carcere coi suoi per sette mesi dal fu Azzone d’ Este. Se Venezia non pròvvederà a ciò, dovrà pensarvi Brescia. — Atti Bellino de Ustiano notaio e dictator del podestà di Brescia. Aggiunta. — Chiedano il pagamento di circa 1. 50 di gr. dovute da Venezia a Giovanna figlia del fu conte Rinaldo di Marcaria e moglie di Giannino Catalano de’ Griffi bresciano, quale erede del padre. Atti Giannino Fachini notaio e dictator del podestà (v. n. 347 e 619). V. Minotto, Doc. ad Fervariam ecc., II, 44. 607. — 1314, Marzo 12. — c. 2111.° — Nicolò de Cavenna giureconsulto, ambasciatore del comune di Mantova e di Rinaldo de’ Bonaccolsi vicario imperiale, espone al doge : che a risarcimento di ruberia perpetrata nel padovano a danno di Crescenzio de’ Bonafanti, di Filippo degli Abati e di Pietro Pedecasa mantovani, furono sequestrate certe merci a Padovano fu Armano dal Sole di Padova, ed assegnate ai danneggiati ; ma poscia il veneziano Giovanni del Mare mosse querela in Venezia contro il Bonafanti, pretendendo sue le merci predette. Chiede che sia sospesa la procedura iniziata in Venezia dai giudici del procuratore e che si discuta l’affare in Mantova, oppure che si faccia decidere da giurisperiti o la causa stessa o in qual luogo debba essese ventilata. Il doge risponde : È noto che sulle merci sequestrate durò lite per quattro anni fra il de Mare e il Pedecasa, morto *il quale gli successe il Bonafanti. La causa fu sempre trattata in Venezia, non può permettere che ciò avvenga in altro luogo. Commise peraltro ai giudici di sollecitare, e di udire anche il parere de’ giurisperiti (v. n. 608). 608. — 1314, Marzo 12. — e. 212. — Nicolò de Caveima (v. n. 007) dichiara al doge e al suo consiglio in nome del comune di Mantova e di Crescenzio de’ Bonafanti : constare per confessione di Giovanni del Mare essere stato il Bonafanti costretto a litigare in Venezia dal doge P. Gradenigo, che lo fece imprigionare e lo costrinse a dar malleveria che litigherebbe in Venezia. Chiede sia annullata tal guarentigia. Dice che le merci, anche se avessero appartenuto al del Mare, furono sequestrate legalmente in forza dell’ interdetto lanciato dalla S. Sede contro i veneziani ; Mantova e il Bonafante vi hanno quindi diritto ; invocano la protezione pontificia, e dichiarano incorsi nelle pene canoniche quelli che lor si opporranno. Il doge risponde : non constargli di coazione fuor del diritto contro il Bonafanti ; essere stata commessa la causa ai giudici del procuratore a sua richiesta ; potersi udire ancora i mantovani e consultare giurisperiti ; voler sia fatta piena giustizia. COMMEMORI ALI. TOMO 1. 18