COMMEMORALI, LIBRO T. sitanti per quel distretto; coll’ aggravare le tasse di navigazione sul Po; con avarile arbitrarie contro i mercanti ; col costringere i veneziani a pagar tasse indebite ; col vietar loro il commercio minuto ; coll’ impedire 1’ esportazione del grano da essi acquistato sia in cambio di sale, sia a 18 imperiali lo staio; coll’imporre un diritto sulle loro navi ; col carcerarne alcuni. Gli ordina di osservare integralmente i patti suddetti, e di farli osservare dai propri ufficiali. Data a Napoli, anno 5 del regno (v. n. 586). La copia della presente è nel Commemoriate autenticata, in data 29 Aprile, per ordine del doge, da Andrea figlio di Rizerio, da Marco del fu Bartolameo Sartore, e da Giovanni del fu Marchesino Egizi notai imp. e scrivani ducali. V. Mwotto, Doc. ad Ferrariam ecc., Il, 44. 617. — (1314), Aprile 25. — c. 225 t.°— Folco di Villaret gran maestro degli spedalieri di S. Giovanni gerosolimitano, lette le lettere ducali ed udita l’esposizione del veneto ambasciatore Marco Marioni, avvisa di aver consegnato a questo la sua risposta in iscritto. Data a Rodi (v. n. 618). 618. — s. d., (1314, Aprile 25). — c. 226 t.°— Risposta del gran maestro degli spedalieri di S. Giovanni gerosolimitano a Marco Marioni ambasciatore veneto, che aveva chiesto la restituzione ad Andrea Cornaro, con risarcimento dei danni, dell’ isole di Scarpanto, Saria e Cassio toltegli dai sudditi del gran maestro, dopo lungo e tranquillo possesso. Sostiene che il Cornaro non può dirsi spogliato delle isole, perchè esse appartenevano anticamente alla giurisdizione di Rodi ; si sottomisero a lui spontaneamente, e quindi ritornarono al primitivo signore che potè di pien diritto riprenderne il dominio. Il Cornaro non possedette le isole, ma ne tenne il governo a certe condizioni, credendo quegli abitanti che egli fosse capace di difenderli dai pirati ; mancando a tali condizioni, poteva esser rimosso, nè ha diritto a restituzione. L’ ordine gerosolimitano è tuttavia disposto a sottoporre la questione al giudizio di arbitri, oppure a portarla al tribunale della S. Sede, come piacerà a Venezia. Circa al fatto di Pantaleone Michele, cui fu tolta una galea dal cavaliere Nicolò da Marsiglia, l’ordine non è responsabile, non avendovi in alcun modo partecipato. Tutto ciò che può fare, è di punire il colpevole. Letta in senato il 10 Giugno 1314 (v. n. 636). 619. — 1314, Maggio 4. — c. 227 t.° — Commissione data da Giovanni da Lucino podestà e dal comune di Rrescia a Berengario da Leno giudice e ad Apollonio de Hosmerinis ambasciatori a Venezia. Rrescia è amica del comune di Venezia. Essa però non è tenuta a quanto ei chiede, non constando dei danni lamentati. È pronta del resto a quanto è richiesto dal diritto; gli ambasciatori producano gli istrumenti. Nicolò Dalismano non ebbe mai sale in Brescia. Fosse poi anche vero il suo asserto, la città era allora tutta sossopra, e le porte e le fosse per comando imperiale erano state spianate. È quindi impossibile rispondere. Circa al sale sequestrato in Quinza-no, il fatto avvenne mentre era procuratore imperiale del fisco Giovanni di Castione.