190 COMMEMORIAU, LIBRO II. 92. — s. d., (1318, Marzo). — c. 20 t.° — Risposta del doge ad Aleardo de Basiliis ambasciatore del comune di Padova. Si congratula della pace fatta e del richiamo dei fuorusciti. Rivolgansi a Cangrande della Scala i lagni per le molestie che ricevono i padovani in Monselice e Montagnana, onde provveda. Circa la conservazione della pace fra Treviso e lo Scaligero, riferisce quanto sta nel n. 91 e crede conveniente aspettare. Venezia cercherà di ottenere che i bassanesi possano condurre liberamente a casa le rendite dei loro beni oltre Brenta ; essa non può occuparsi della liberazione di Pescarese, eccettuato nella pace ; chiedasi a Cangrande la liberazione di Francesco e Viviano da Riva, e d’ altri mantovani presi presso Venezia; e cosi pure che i padovani possano godere liberamente dei loro beni nel veronese e nel vicentino. Sarebbe dannoso, specialmente ai chioggiotti, il dar sale da portare nel padovano ai soli autorizzati dal comune di Padova, il quale può provvedere entro i suoi confini come gli piace. Risarcisca Padova certo danno dato a veneziani, come promise. V. Minotto, Doc. ad Selunutn ecc., 134. 93. — s. d., (1318, Marzo). — c. 24 t.° — Lettera di Filippo principe di Taranto al doge, simile al n. 90 (v. n. 95). 94. — (1318), ind. I, Aprile 5. — c. 21 t.° — Risposta del doge a Piacentino di Montemartino giudice ed a Gabriele di Villa, ambasciatori del comune di Treviso. Venezia non cura le denunzie di maldicenze a di lei carico ; dimostra con lunga esposizione ingiusti i trattamenti usati in Treviso a Zenone da Prata ed a Fiobono macellai di Venezia, come rei di contrabbando, il primo dei quali fu imprigionato, ed ambedue ebbero sequestrati certi agnelli (destinati a Venezia), che aveano comperato a Cesalto e a S. Polo in Friuli. Pone a confronto le agevolezze praticate da Venezia ai trivigiani. V, Minotto, Doc. ad Belunum ecc., 135. 95. — (1318), ind. I, Aprile 13. — c. 25. — Risposta del doge alle lettere n. 89, 90 e 93. Venezia, prima di ricevere le dette lettere, seppe già delle gesta di Alfonso, e mandò un ambasciatore al di lui padre re Federico, il quale si spera saprà far terminare in bene le cose. In caso diverso, il doge prowederà all’ onore di Dio, al proprio e a quello dei reali di Napoli. Dato nel palazzo ducale di Venezia (v. n. 97). 96. — (1318), Aprile 14. — c, 24. — A Fioravante notaio ambasciatore di Cangrande della Scala vicario imperiale in Verona e Vicenza, che insisteva perchè Venezia esigesse il richiamo a Padova dei figli ed eredi di Pietro d’Alticlino e Ronco, non essendo essi stati esigliati se non per differenze interne di quella città, e non dovendo quindi ad essi applicarsi il trattato di pace, il doge risponde che il trattato designa chi sia da richiamarsi ; Venezia si attiene ad esso ; faccian lo stesso lo Scaligero ed i padovani.