DOGE: GIOVANNI SORANZO. 143 627. — (4314), Luglio 2. — c. 230. — Doimo conte di Veglia e suo figlio Federico conte e podestà perpetuo di Veglia e Segna, rispondono alle querele contro di loro portate al doge dal conte e dai giudici di Arbe. Mentre Doimo era in Ungheria e Federico presso il duca d’ Austria, gli arbensi fecero scorrerie in Veglia e Segna, e, richiesti di risarcimento, risposero minacciando ed asserendosi protetti dal bano Paolo. Federico mosse contro di loro; ma procedette dolcemente per rispetto a Venezia finché, mercè questa, fu fatta la pace. Per accomodare tutte le vertenze, essendo stato stabilito un convegno per la festa di S. Giorgio nel convento dello stesso santo in Segna, vi si trovarono Federico, Schinella e Marco conti di Veglia, ed il conte d’Arbe co'suoi consiglieri; ma mentre 1' ultimo voleva procedere !per arbitrato, i vegliesi proponevano che ciascuno giudicasse i propri sudditi, sicché nulla fu concluso. Ora invitano il doge a mandare un suo commissario per chiarire la verità, noia a molti di Venezia, di Puglia, della Marca, di Zara e d’ altri luoghi, e si dichiarano pronti a far ragione a quei di Arbe purché questi la facciano a loro. Circa il restituire agli arbensi Iablana, dicono che quel luogo appartiene all’ Ungheria e fu sempre soggetto a Segna. I conti non concedettero mai agli arbensi che 1’ uso di alcuni pascoli d’ essa terra, nè credono ingiuriarli se ora riprendono anche quell’ uso, potendo provare con documenti il loro diritto. Se gli arbensi dicono tener Iablana dal bano Paolo, sappia il doge che costui e suo tìglio Maladino ne pretesero il possesso come lo pretesero quei d’Arbe; ma in fatto fu sempre dipendente da Segna. Data a Otozaz. V. Liubió, op. cit.. I, 281 628. — 1214, ind. XII, Luglio 26. — c. 94 t.° — Annotazione: che Giuliano sclavinarvus abitante a S. Paterniano, ebbe il privilegio di cittadinanza per dimora di 25 anni. 629. — s. d., (1314, Luglio). — c. 229 t.° — Risposta del doge ad Alberto di Altatìore, Tomaso de’ Fronti giudice e Pietro Benedetti notaio, ambasciatori del comune di Treviso. Per la confisca dei beni del traditore Marco Querini, il comune di Venezia non può pagare alla di lui figlia Maddalena, moglie di Alberto del fu Prosavio da Bazzoletto, la dote di 1. 1000 di gr. e il rimanente lasciatole dal padre. Tale rifiuto non è contrario ai trattati fra Venezia e Treviso. V. Minotto, Doc. ad Belunwn ecc., 116. 630. — 1314, Agosto 10. — c. 216 t.° — Risposta del doge alla petizione allegata. Fu trovato che Rosso Peruzzi esportava da Venezia marche 60, oncie 1, carati 25, in 10 verghe (sortibus) d' oro, cosa vietata dagli statuti. L’inquisizione fatta non dimostrò che quel metallo appartenesse ad altri. Venezia non è quindi responsabile verso 1’ ordine degli spedalieri, o verso il priore. Se questi ha ragioni, le faccia valere contro il Peruzzi; il doge farà rendere giustizia. Allegato: s. d., (1314, Agosto?). — Petizione di Leonardo de’ Tiberti priore dell’ ordine degli spedalieri in Venezia. Per sostenere il passaggio in sussidio di Terrasanta ordinato da Clemente V