doge: PIETRO GRADENIGO. domino duci qiiam faciat iste Re.xt Henricus qui intraoit in Lonibardiam (parla ili Enrico VII). V. Pertz, Archiv. cìt., 195. 314. — s. d., (1307, Marzo, fine?). — c. 102 t.° — Commissione data dal comune di Padova a Nascimbene giudice de Cavaciis e ad Azzo da Teoio notaio, inviati a Venezia, in risposta alle richieste dell’ ambasciatore veneto Giovanni di Marchesino e a quanto è riferito al n. 306. Il dazio imposto sulle merci naviganti sull’ Adige a Lendinara essendo antichissimo, non potè essere oggetto dei negoziati di Chioggia e Monselice, osservati dai padovani ; se quei doganieri esigettero più del dovere, sarà restituito. Il marchese d’ Este non concesse mai ai veneziani l’esenzione da quel dazio ; essi lo pagarono al tempo dei capitani e d’ Obizzo d’ Este, e dacché Aldobrandino figlio di questo cedette a Padova la terza parte di Lendinara, quella città lo riscosse un terzo per sè e due terzi per Azzone e Francesco fratelli d’ Aldobrandino. Gli abitanti di Lendinara godono il privilegio di poter vendere in Venezia loro merci senza dovere investirne in altre il ricavato, e pagarono sempre il sale a 9 lire il centinaio, mentre ora se ne esigono da essi 18. Circa prestazioni dovute da Piove di Sacco e Corte . . . (incompleto) (v. n. 315). 315. — s. d., (1307, Marzo, fine?) — c. 103. — Risposta data dal doge a quanto si contiene nel n. 314 ed al resto dell’ esposizione di quegli ambasciatori. I marchesi d’ Este non poterono esigere i dazi dai veneziani sull’ Adige ; col trattato dell’ Ottobre 1274 il marchese Obizzone dovette restituire quanto aveva ingiustamente esatto, e poi fu sempre così osservato fino al presente Azzone, nè Aldobrandino potè trasmettere ai padovani un diritto che non aveva ; restituisca Padova quanto riscasse, e cessi dal molestare più oltre i veneziani. Quelli di Lendinara possono godere il privilegio mentovato, ma purché paghino il quadragesimo, come fu sempre consueto. Venezia non s’ obbligò mai a dare il sale a prezzo stabilito, ed è libera di farselo pagare secondo aumenti o ribassi. Gli abitanti di Piove di Sacco pagarono sempre, meno 1’ anno presente, le regalie dovute al doge, ed ebbero da questo quanto loro spettava ; quelli di Corte ebbero il dovuto quando adempirono il loro obbligo, e 1’ avrebbero ancora se pagassero ; Padova costringa le dette ville a far il debito loro, altrimenti Venezia provvedeva a’ propri diritti. Il comune di Padova è causa della lamentata rovina dei molini e degli edilizi da follare degli eredi di Leonardo Veniero, avendo esso ricusate a questi le licenze di portarvi il lor grano e panni; si concedano i permessi e gli opifici rifioriranno. Il Veniero e Marino Giustiniani comprarono quegli edifizì da Manfredo Dalesmanino col consenso del gran consiglio di Padova, il quale decretò che i redditi di quegli stabili non potessero mai per causa publica essere sequestrati ; al tempo delle ultime discordie, Padova cessò dal concedere le licenze summentovate, onde ne venne al Veniero danno non piccolo, mal compensato dai padovani, dopo molte trattative, con 2800 lire ; non persista or Padova a negar le licenze; il Veniero vi ha diritto, e al bisogno Venezia lo farà valere. E così pure si diano le licenze agli eredi del Giustiniani, delle quali gli ambasciatori non fecero neppur menzione (v. n. 327). COMMEMORI ALI, TOMO I.