DOGE: PIETRO GRADENIGO. 103 commissarie di Michele da Canale, che quanto competeva a quest’ ultimo per la via da esso fatta a Ferrara, resti devoluto ai suoi creditori. 446. — 1310, Luglio. — c. 148 t.° — Dichiarazione di Michele Alberti di spese fatte da lui, per conto publico e d’ordine di Vitale Michele, nell’esercito (al tempo della guerra di Ferrara), convalidata da attestazioni dello stesso Michele (v. n. 443). 447. — (1310), Agosto 4. — c. 153 t.° — Salvocondotto rilasciato da Arnaldo cardinale diacono di S. Maria in Portico, legato apostolico, agli ambasciatori che Venezia sarà per inviargli per trattar la pace colla S. Sede. Dato a S. Michele in bosco presso Bologna, anno 5 di Clemente V. 448. — 1310, ind. IX (sic), Agosto 18. — c. 154 t.° — Istrumento in cui si dichiara che il doge, coll’ assenso dei consiglieri Marino Morosini, Matteo Manolesso, Ermolao Zorzi, Vitale Michele, Ranieri Contarmi e Nicolò Minotto, ricevette per conto dello Stato da Marino Zorzi di S. Maria Zobenigo diverse gioie, che si descrivono, e 31 soldi di grossi per 5 anella vendute dal Zorzi in Avignone, le quali cose appartennero a Nicoletto Querini detto Zoto del fu Nicolò de ca maiori, bandito, i cui beni furono confiscati, e quindi obbligato il Zorzi alla presente consegna, guarentendo il comune per ogni futura pretesa del Querini o suoi eredi. Atti Marco scrivano ducale. 449. — 1310, ind. Vili, Agosto 20. — c. 154. — Un ambasciatore d’Isabella regina e d’Aygue de Bessan capitano dei baroni di Cipro, riferisce la morte del signore di Tiro fratello di quel re ; dice non doversi essa attribuire nè ad e6so re, nè agli spedalieri, nè ai baroni dell’ isola, come vorrebbe il re d’Armenia ; descrive la tirannia del defunto ; prega che Venezia s’ adoperi per la liberazione dello stesso re di Cipro (Enrico II) dalle mani degli Armeni, facendo considerare le conseguenze fatali d’ una morte eventuale di quest’ ultimo. V. Mas-Latrie, Sist. de Vile de Chypre ecc., II, 116. 450. — (1310), Agosto 28. — c. 157. — Nicolò cardinale vescovo d’ Ostia e Velletri e Pietro Colonna cardinale diacono, scrivono ricordando la longanimità del pontefice nel sopportare le offese fatte da Venezia alla S. Sede coll’ occupazione di Ferrara, avendo esso tentato pacificar le cose per mezzo del patriarca di Costantinopoli e del vescovo di Padova; dicono che solo.dopo 10 mesi si risolse a scagliar le censure, ma inviando il cardinale Arnaldo (Pelagrua) con disposizioni misericordiose, il quale fu invece trattato da nemico ; dopo la vittoria della Chiesa avere Berengario vescovo di Tusculo, Stefano cardinale prete di S. Ciriaco alle Terme ed il fu Raimondo cardinale diacono di S. Maria nuova fatto proposizioni, a cui gli ambasciatori veneti non diedero risposta soddisfacente. Chiedono che ora Venezia vi risponda categoricamente, in ispecie sui compensi dei