— 120 — « Aspettavo il risultato degli esami: ero giallo, tremavo di pena. Il dott. Marcovic usciva in quel momento dalla cancelleria inquieto, gridando a squarciagola : — Bravo! ha ragione l’alunno e lo respinge. E professore d’alfabeto, non di facoltà! « Appena mi vide mi afferrò per l’abito. — « Bene, amico,... sei bocciato ! « E dopo una grossa bestemmia mi disse con ruvidezza : « — Senti, fratellino, sei un ragazzo povero e so che studi, ma perchè non badi alla bocca ? Quando uno stupido sostiene che non hai diritto, e quando quello stupido è tuo esaminatore —- chiudi la bocca e taci. Ti bocciano all’esame perchè hai letto sopra una nuova edizione, mentre il professore non possiede che quella di quando studiava alla scuola. E non so cosa gli hai detto ancora, perchè sostiene che sei insolente e che parli troppo. Egli è ignorante e afono. Ma che ti posso fare? « Io rimasi sbalordito. La terra mi girava sotto i piedi. Se mi avessero tagliato non sarebbe uscita una goccia di sangue. Andai a casa. Era notte e la candela era consumata nel candeliere. In me si fissò decisamente il carattere del ribelle. « Stavo disteso sul letto con le scarpe ai piedi ed il cappello schiacciato. «Perchè tutti gli uomini mi rimproverano che parlo troppo? Perchè, gli amici e quelli che conosco poco, gli ignoranti e quelli studiosi, i perversi e quelli miti per natura, i falliti e i capi di ufficio, i professori e i bambini sono tutti quanti contro di me appena apro la bocca? Certamente vedo chiaramente tutte queste ingiustizie che mi si