— 243 — un fanale acceso e partirono insieme nel momento in cui l’orologio batteva le sette. Zio Simeone non era proprio sulla soglia della morte. Il prete ascoltò ancora una volta la sua confessione con umile pazienza, gli lesse la preghiera dell’assoluzione e le preghiere preparatorie della comunione, poi lo comunicò. Fuori della porta aspettava un uomo mandato da Peter Duscian: « Che fa il padre, passa con noi a Cla-dova o ha cambiato pensiero ? ». — Aspettami che vengo in un baleno. Aveva il Sacramento in seno. Dove portarlo? di nuovo a casa o in chiesa ? La teneva lui la chiave della porticina dell’altare e poteva affrettarsi per deporlo sulla tavola santa. Il prete rimase in mezzo alla strada indeciso e sognatore. Pochi lumi sperduti scoprivano qua e là abitazioni invisibili. Un buio impenetrabile domi nava ovunque e avvolgeva nello stesso mistero la terra ed il cielo. Da una parte una fila di capocchie di spille fosforescenti piantante sulla stessa linea diceva vagamente che lì era Cladova. Ma in quell’oscurità profonda, la destra, la sinistra, ¡’avanti, l’indietro... perdevano qualunque significato e diventavano carboni nel seno della carbonificazione compatta e generale. Solo la rabbia del Danubio (se la potevi ancora sentire) ignorava il riposo. Il padre Tonea ritardava, indeciso e immobile, sempre più estraneo a se stesso e al posto in cui stava. Le tenebre della notte penetravano piano piano nell’anima sua, come le acque marine in mia nave avariata da molto tempo e finalmente trafitta.