— 29 — parenza di profonda saviezza, questa miseria dell’esistenza, per ingannare nella scuola e nella chiesa le piccole bestiole, le quali entrano appena in iscena, sul valore della vita reale. Per i lavoratori dello stato, l’onore, per i soldati la gloria, peri i principi lo splendore, per gli studiosi la fama, per gli sciocchi il cielo e così una generazione inganna l’altra per mezzo di questo schiavo forzato alla furberia e ai sofismi, il quale si lamenta come il prete, fa la faccia seria del professore, parlamenta come un avvocato e fa certe faccie miserabili da mendicante. ^Uno agisce per un bicchiere di vino che ha in petto, un altro per un titolo, un terzo ancora per i denari, un altro ancora per una corona, ma in tutti è la stessa essenza, un momento di ubbriachezza. Ecco ciò che imparo io dai maestri miei, le api. Nella loro scuola vedo che siamo ombre senza volontà, automi che facciamo ciò che dobbiamo fare, che per non prendere in uggia il giocattolo, abbiamo questo po’ di cervello che vorrebbe provarci che veramente facciamo ciò che vogliamo, e che dipende da noi di fare o non fare una cosa... Questo è l’inganno proprio nel quale una moltitudine di probabilità si confonde con ciò che siamo forzati a fare. La vita interiore della storia è istintiva ; la vita esteriore, i re, i preti, i sapienti sono la vernice é la frase, e come non si può conoscere lo stato vero sotto una veste messa sul cadavere, così sotto quegli abiti menzogneri non puoi sapere lo stato della storia. Io, grazie alla natura, mi sono spogliato dell’abito della vanità. So che tu sei ancora un frate laico. Non prendere l’abito, fanciullo mio... non trasformarti in pianeta ed in