— 67 — suo bianco e lungo sembrava un nuvolo di raggi e d’ombre ed i capelli suoi d’oro erano intrecciati e scendevano sulle spalle, la fronte sua pura' portava una corona di perle. La ragazza illuminata dai raggi della luna sembrava immersa in un’aria d’oro. Le sue dita che sembravano di cera bianca filavano col fuso d’oro della lana come l’argento e davano vita ad un filo di seta bianca fine lucente, rassomigliante più al vivo raggio di luna che attraversa l’aria che al filo comune. Al rumore leggero dei passi di Fat Frumos, la ragazza alzò gli occhi celesti come le onde del lago : — «Ben venuto, Fat Frumos, disse la giovane dagli occhi chiari e velati. — Da quanto tempo ti ho sognato e mentre le mie dita filavano il filo, i miei pensieri filavano un sogno, un sogno bello nel quale noi due facevamo l’amore; Fat Frumos, con la conocchia d’argento filavo e ti volevo tessere un abito ordito di parole magiche, ornato di felicità perchè tu lo portassi, perchè tu mi amassi. Con la mia stoppa ti farei un abito, dei giorni miei ti farei una vita piena di carezze». Così intanto che lo guardava umilmente il suo fuso le scappò dalle mani e la conocchia le cadde ai piedi. Ella si alzò come se si fosse vergognata di quelle parole, le sue mani caddero giù come quelle di un bimbo colpevole e i suoi occhi grandi si abbassarono. Egli si avvicinò, con una mano le cinse la vita e con l’altra le accarezzò dolcemente la fronte e i capelli e le sussurrò : « Come sei bella, quanto mi sei cara. Di, chi sei, ragazza mia?». — « Sono figlia della madre dei boschi, — rispose sospirando, — mi amerai tu ora, che sai chi sono? ». Avvinse con le braccia nude il collo di lui e lo guardò