— 237 — ma di più in là di Negotin dove si matura la più bella uva di Serbia... *\ i— E vero — pensava padre Tonea. — Ma sii tranquilla, vedrai come imparerà Borivoie il romeno, prima dell’inverno. Da noi, a Cladova, come tu sai si parla più il romeno che il serbo ». Accesa dalla strada fatta, dalla vivacità fanciullesca e dallo splendido sole d’aprile, Borivoie era vermigia come una ciliegia. Il padre Tonea guardava questa bellezza così calda e delicata nella luce primaverile e meravigliato e stordito dalla velocità colla quale i pensieri e il sangue gli attraversavano il cuore, cercava di frenarli, e di calmare la sua buona coscienza con un pensiero pio : « grazie a Te, Signore, per lo splendore dei cieli, e per la magnificenza delle creature che hai lasciato fiorire sulla terra... ». Ma il filo dei ricordi si ruppe qui perchè padre Tonea sentì un famiglio chiamarlo a tavola. — Reverendo padre, è pregato di venire a cena, che tutto è già pronto. Terminò l’ispezione delle scuderie e del fienile ed era pronto per entrare in casa, quando riconobbe stilla via un soldato di dogana serba, il serbo Peter Duscian, una vecchia conoscenza ed un-uomo per bene. Un fremito attraversò il cuore di padre Tonea. — Buona sera, fratello Duscian... cosa cerchi? e come mai sei rimasto così tardi sulla riva nostra ?... come potrai ritornare quando il Danubio è tutt’uno col cielo e le onde sono più cattive delle fiere? Peter Duscian che aveva sposato una romena, gli spiegò