— 188 — n cane l’insegue lentamente. S’avvicina in fretta anche il cacciatore. Guardalo: il suo piede è così vicino a loro che vedono come sale una forjmica sulla tromba del suo stivalone. Dio! come batte loro il cuore! Dopo qualche istante la quaglia vola via radendo il suolo, a due passi dal muso del cane che l’insegue; il cacciatore s’allontana gridando « indietro, indietro » ! Non può tirare per la paura di colpire il cane, ma la quaglia finge così bene d’essere ferita, che il cane la vuole acchiappare a tutti i costi; e quando giudica di essere fuori di tiro, vola presto, libera, verso la piantagione. In quel tempo, il piccino maggiore, invece di rimanere immobile come i suoi fratelli obbedienti all’ordine della madre, vola; il cacciatore sente il fruscio del volo, si volta e tira. Era un po’ lontano. Una pallina sola lo raggiunge all’ala. Non cade e può volare fiuo alla piantagione, ma giunto li per il movimento che fece colle ali, l’osso che non era che un po’ leso al principio — si spezzò completamente ed il piccino cadde con una ala morta. Il cacciatore, conoscendo la foltezza della piantagione, sapendo d’aver tirato a un piccino — non andò a cercarlo, visto che non ne valeva la pena. Gli altri non si mossero dal posto dove li aveva lasciati la quaglia. Ascoltavano in silenzio. Ogni tanto si ud'vauo i colpi del fucile e la voce del cacciatore: «Porta!» Più tardi la vettura s’allontanò dal sentiero della piantagione seguendo il cacciatore; piano piano i gridi e i colpi si perdettero, si spensero e nel silenzio della sera, che scendeva non si sentì altro che il canto dei grilli, e quando si fece notte ed uscì la luna sul Cornazel essi sen-