- 43 — bacia e mi dice che devo amarla. Che diavolo! Per altro... è veramente bella, devo dir la verità. Il mento si arrotonda come una mela gialla... la boccuccia qualche volta sembra una ciliegia... e gli occhi... oh! gli occhi... Purché non li avvicini ai miei... mi tocca le ciglia e mi dà un brivido fino alla pianta dei piedi. Allora non vedo più quanto è bella... una nebbia m’offusca gli occhi; in quel momento l’ucciderei... Questa non è vita, ma tormento! Però, povera bimba... debbo essere giusto... cosa ne sa lei se mi tormenta? Quel giorno passeggiava nel giardino del palazzo Bianchi. Dei capelli neri e aridi, simili alle ali dell’aquila selvaggia, incorniciavano il suo viso bello e stanco di marmo di Paros. Le palpebre semichiuse tradivano la grandezza dei suoi occhi d’un azzurro cupo e diabolico e nello stesso tempo pieni di disprezzo; le labbra semiaperte denotavano un dolore energico e solo il collo si sollevava con una fierezza che sembrava conservata (malgrado il peso della vita. La notte era chiara, l’aria sembrava inondata dai raggi della luna i quali scivolavano attraverso il fogliame scuro degli alberi. Egli sedette sopra una panchina colle mani unite abbandonate sulle ginocchia, colla fronte bassa ricoperta di capelli sparsi ; pensava alle cose senza accorgersene e solo la luna, scivolando tra le nuvole, riempiva la notte di sogni. A un tratto sentì un leggero fruscio che lo destò... Era lei! Ma come cambiata! Il suo viso non era più patito ma visibilmente arrotondito, ed il seno era più pieno; era soltanto scomparso il rosso del viso cedendo il posto ad un pallore che le dava un aria di mitezza indici-