— 140 — attigua. Anch’essa dormiva con la faccia in sù e con le mani sul petto. « Certamente tutto il mondo si era addormentato intorno al mio dolore. Così piccola, appena venuta al mondo, era meravigliosa la sua somiglianza con la madre. Le stesse linee delicate, e belle, le stesse sopracciglia nere e sottili, la stessa fronte, lo stesso mento come una piccola mela di cera, lo stesso viso giallo, lo stesso corpo debole. Un vero trionfo di debolezza ! Uno scherzo crudele della natura che ha messo da parte il forte per continuare il fragile. In questo essere esausto di vita, vedevo bene l’aspirazione perfida a spegnere una stirpe dell’umanità. E voltai la testa con disgusto da ciò che avrei dovuto guardare con piacere. Quest’essere vivp mi dava l’immagine di due cadaveri. « Dopo tre giorni il dottore si decise alla seconda trasfusione. Mi aperse le vene come la prima volta. Nella mia incertezza ero felice, guardando colme ammaliato il vecchio dottore che sbatteva il sangue in un vaso di vetro per levargli le fibre. Ero libero, mi prese solamente il sangue. Potevo partecipare all’operazione. E malgrado che mi sentissi in delirio come se il cervello si fosse alzato dal cranio, credetti che il mio aiuto potesse essere di un ’u-tilità decisiva al successo deH’esperimento ; ci avvicinammo al suo letto: ella si muoveva. Le tempie erano madide di sudore. Cercava di rialzare le palpebre appesantite. Mi sentii pietrificato. « Quando il dottore cominciò a infonderle il sangue di nuovo si riebbe, le labbra le si colorirono. Gli occhi si