— 130 — « — Dottore, mi disse, scuotendomi per il braccio, mia figlia è malata. Saltai dal letto. Mi vestii in un baleno in presenza sua. Non potendo aggiustare una legaccia la ruppi. Quando mi prese per la mano per farmi montare in vettura, invece di salire saltai dall’altra parte. Il desiderio di partire, di andare, di vederla mi aveva fatto perdere la testa. Mi pareva che la vettura non partisse mai mentre nemmeno il vecchio vi era ancora salito. Arrivammo. Io, per il primo misi la mano sulla maniglia della porta della sua camera. « — Dottore, non sarebbe bene d’avvisarla, che sappia, che si.... « Arrossii. Ella era distesa sul letto, cogli occhi chiusi, colle tempie madide di sudore, con una mano sulla fronte e coperta fino al collo da una coperta bianca. « Rimasi solo con lei. Avvicinai al letto una sedia. Le presi ima mano tra le mie. «A tutte le domande mi rispondeva triste e dolce: « — Non ho nulla, non ho dormito questa notte. Non ho nulla; ho pensato. Non ho nulla. Oh ! Vorrei non a-vervi incontrato mai e desidero vedervi sempre! Se ardisco tanto è appunto perchè mi pare che la vita stia per finire, che non potrò vivere, che non mi sentiate che ad una distanza indefinita. Sogno, sogno. Forse sono malata, ma non ho nulla... « Rimasi pietrificato. Le mani mi tremavano. Borbottai qualche parola idiota. M’inchinai per baciarle la ma-