— 222 — macchie di pece. Dietro le siepi soffocate da erbe russava ogni tanto qualche essere invisibile ! I prati incominciavano. Bruciato dal sole e avvolto dal profumo dei fiori, cullavo i miei pensieri tristi sulla strada inclinata in pendio. Sentivo un piacere amaro a guardare come su di una bilancia questo meraviglioso giorno di Luglio e questo povero cuore esiliato. Arrivato su di un altipiano, mi misi a riposare. Mi pareva che giù al posto dell’Argescel ci fosse un lago profondo addormentato sotto le ombre frastagliate degli ontani. Sulla sua superfìcie verdognola si vedevano le liane, il suo sonno beato era accarezzato dalle libellule; ma nel suo fondo giaceva un cadavere. E nessuno conosceva quell’annegato all’infuori di me. Ho steso le braccia nel fieno alto e colmo di fiori e ne ho cercato uno che mi ricordasse certe rose gialle. Mi erano indicibilmente care ed un giorno non le ho più viste. Ma nessun fiore voleva somigliare a quelle rose gialle. Ed allora ho sentita più profondamente la perdita loro e l’asprezza vostra. A fianco della casa dove abito da poco tempo appare nell’azzurro mattutino una cima oscura a forma di piramide e questa punta sembra di seta un po’ lilla. Ho cercato di arrivare fin lassù. Sono salito prima su di un monte schiacciato e tozzo e quando son giunto sulla sua cresta, ho visto che la punta della piramide stava sopra di me, nell’aria, dall’altra parte d’una vallata profonda. Anche qui ero ad una grande altezza perchè in basso da lontano, i boschi, i ruscelli ed i villaggi sembravano piccoli come tanti giocattoli. La vecchia cittadina signorile seppellita tra i monti appariva alla luce abbagliante