— 164 — pivano perchè non parlava con nessuno, perchè, quando veniva in chiesa, si sedeva sullo scanno più lontano, perchè camminava qualche volta lentamente cogli occhi bassi, tiltre volte in fretta colla faccia spaventata come se fosse inseguita da qualcuno. Sapevano anche da dove le veniva tutto ciò. C’era un amore di mezzo. Invano aveva fatto di tutto per celarlo —1 queste cose si scoprono. Sul viso pallido di Glafira tremava la luce debole della lampada. Ora la messa era terminata. Le suore s’avviavano lentamente verso l’uscita. Alcune si fermavano sulla soglia, guardavano a lungo Glaflra ehe stava immobile sullo scanno. « Poveretta, non ha più nessun sentimento ». Le più giovani sogghignavano ridendo e se ne andavano mormorando cattiverie. Nel silenzio della chiesa vuota Glafira sentì i passi del confessore e trasalì, presa dal terrore d’un pericolo grave. S’avviò timorosa verso di, lui. « Sei tu, Glafira ? » « Io, reverendo, voglio confessarmi ». « Ma... proprio ora? cos’è questa fretta?... Vedi, se non vi calmate...» Era a-bituato il vecchio a queste furie di rimorsi e di pentimenti nelle suore giovani e belle, sopratutto in autunno dopo che andavano via i villeggianti * ehe portavano con loro la tentazione e i peccati della città. Molti sospiri li seguivano, molte suore rimpiangevano nella noia delle lunghe notti d’inverno le risate e le pazzie delle notti d’estate. E quando le vinceva il pentimento, anche a mezzanotte, svegliavano il confessore per * Nei conventi romeni d’estate si affittano stanze a villeggianti. N. d. T.