— 129 — « Taceva. « E questo era tutto. « Io non osavo credere a nulla. E confesso che a me, al colpito e disgustato, a me stanco, scettico e morto prima d’aver vissuto, quella fanciulla piaceva tanto che mi era terribile l’idea d’esserle indifferente. * Mi era cara come un caso raro d’uno stato patologico che poteva passare come fisiologico. La povertà della vita aveva ucciso in lei tutti gli slanci brutali, lasciandole intatta la facoltà di astrazione e di idealizzazione. « Anche nel corpo questa povera vita aveva formato quelle misure, moderazioni e forme delicate ed ingenue nelle quali la natura poi mette in generale carne, carne e carne perchè la sua generazione possa vincere tutte le inimicizie che si alzano contro la vita. « Mi era preziosa come un ’anima rara lanciata inconsapevole nel mondo insensibile, rozzo, orgoglioso, putrefatto dai piccoli vizi che si legano di più con la stolidezza che con la grande sregolatezza dei nervi. « Mi era cara perchè schiaffeggiava col disprezzo del silenzio tutta la balordaggine loquace e affettata che brulica ovunque, nei salotti, alle mense e sopratutto là dove l’ordine naturale ha più bisogno di santità e di silenzio. Mi era cara perchè in nessuno come in lei le sensazioni si sollevavano e si confondevano allo stato di sentimenti, più nobilmente e più puramente. L’amavo e mi pareva una vergogna terribile di confessarle il mio amore. « Ai primi di luglio, una volta il vecchio mi svegliò, svegliò senz’ altro.