— 18 — di sogno e di freddo ragionamento. S’avvicinò alla finestra, guardò nel giardino l’erba molle cresciuta all’ombra vergine degli alberi, le arance che lucevano attraverso il fogliame, poi prese la matita e disegnò sulla parete un’arancia. Infine afferrò una pantofola, la mise sopra la tavola, la guardò, poi aprì uno dei libri ecclesiastici e disegnò nell’angolo d’una pagina la pantofola! Che profanazione di libri ecclesiastici ! Su tutti i margini profili di donne, preti, cavalieri, mendicanti, attori... la vita cioè nella sua realtà, scarabocchiata in ogni angolo libero. Ad un tratto entrò il vecchio. — Benedici, padre! — Nel nome del Signore. — Ehi, Ieronimo, disse il vecchio allegro, cosa lavori ancora, briccone? — Io? Ma quando ¡mai ho lavorato? questa supposizione offende il mio carattere, padre... Io non lavoro nulla; giuoco disegnando, ma quanto a lavorare !... Sono più sàvio di quel che sembro. — Fai male a non imparare la pittura. — Non faccio nè male nè bene, perchè non faccio nulla. Giuoco. — Soffochi il talento, figlio mio, soffochi il talento. — Seppellisco il diavolo, padre mio. — Apage Satana! disse il vecchio, saltando su un piede e slanciandosi nelle sue braccia. Ieronimo cominciò a ridere. — Iddio sa, babbo, da dove prendi tu tanta allegria.