— 142 — la mano. — Bisogna seppellirla come ogni cristiano, come ogni morto. E dovere nostro, dei vivi, di non lasciare elle la putrefazione, il cattivo odore e la lividità umiliante insultino il corpo e la faccia d’un essere che abbiamo amato. Davanti ad un cadavere un sentimento di vergogna e di religiosità ci avvolge tutti. Quale uomo corrotto, scettico, e ateo permetterebbe che la natura mutilasse davanti a lui un corpo poco prima ancora pieno di volontà, di sensibilità, di vizi e di virtù come lui stesso ? Quale uomo non pensa che anch’egli traverserà quello stato d’insensibilità e di pace eterna ? Chi, di faccia ad un cadavere sformato e rovinato dai vermi, non immagina il corpo suo in preda alle cose immonde di cui ha bisogno la natura per riprendere la materia del suo grembo resa estranea per un istante ? A che vi serve la vostra scienza se gridate come un bambino e insultate come un selvaggio, da parecchi giorni, senza averne coscienza? E una profondità triste ma mobile che deve penetrare un uomo come voi, sopratutto se sa di che cosa è formato l’uomo. Noi, studiando le leggi della natura umana, dobbiamo loro una sottomissione più grande, che non l’ultimo disgraziato che non sa perchè mangia, perchè dorme, perchè lotta, perchè nasce e perchè muore. « Mi coprii il viso colle mani, mi distesi come se volessi uscire dalla mia pelle, e soffocato dal pianto gli risposi sdegnato : « — Ah ! dottore, siete grande e giusto, ma a che servono le vostre parole ? Nelle orecchie sento continuamente la sua dolce voce; davanti agli occhi vedo, e vedrei an-