— 152 — — Prchè mi guardate? Cosa volete ancora? Non ne avete abbastanza ? Non vi basta ? I fiumi non uscirono dai loro letti ; i monti non si sprofondarono... E morta anche lei come la madre, ecco tutto ! La rabbia lo faceva sembrare così alto che pareva toccasse il soffitto. Tremavo come un fuscello. Dopo quest*: ultime parole la sua faccia, come per miracolo, si rasserenò; gli occhi s’impicciolirono, egli mi lasciò il braccio, mi strinse amichevolmente la man0 e mi disse con calma : — Scusatemi se vi ho spaventato. Un momento di rabbia che è passato e che non ritornerà mai più. In questa notte ho vissuto la mia vita infelice, certo che che sarà l’ultima mia notte. Di nuovo la tranquillità m’inghiottirà. Aveva ragione il vecchio dottore italiano. Tra un cadavere e me non esistono altre differenze all’infuori della potenza involontaria di non decompormi e della libertà fisica di potermi muovere. Credo che d’ora innanzi anche la manìa di leggere di notte mi abbandonerà. L’ultimo fremito di vita si è spento questa notte come se fosse stato l’ultimo accordo doloroso col quale si chiudeva e sì spegneva una triste sinfonia. Quando uscii dalla sua camera e intesi il sole caldo mi parve di uscire da una tomba alla luce del giorno. Lungo la strada passò un gruppo giocoso di signore e signori che galoppavano verso Bucar. Ero intontito. Passeggiai sul piazzale del centro della città, nominato « Boulevard pardon » dalla moltitudine che vi