— 189 — tirono distintamente la voce della madre che li chiamava dall’estremità della stoppia. Pitpalac! pitpalac! Volarono presto verso di lei e la trovarono. Essa li contò; ne mancava uno. — Dov’è il maggiore ? — Non sappiamo — volò via —. Allora la quaglia, disperata, incominciò a chiamarlo forte, più forte, prestando l’udito a tutte le parti. Dal cespuglio le rispose una vocina fioca : « più ! più ! » Quando l’ebbe trovato, quando ebbe visto la sua. ala rotta capì che era perduto, ma nascose il suo dolore per non scoraggiarlo... Da allora incominciarono i giorni tristi per il povero piccino*. Appena appena si moveva coll’ala che gli si trascinava dietro ; guardava cogli occhi in lacrime, come i fratelli imparavano il volo mattina e sera; e la notte, quando gli altri dormivano sotto l’ala della madre, egli la interrogava ansioso. «Non è vero, mamma, che starò bene? Non è vero che verrò anch’io perchè tu mi faccia vedere grandi città e fiumi e il mare ? — « Sì, figlio mio», rispondeva la quaglia, facendo uno sforzo per non piangere. E l’estate è passata.. Sono venuti i contadini cogli aratri e hanno arato la stoppia; la quaglia si è trasferita coi piccini in un campo di granturco lì accanto, ma dopo un po’ di tempo sono venuti gli uomini per mietere il granturco, hanno tagliato i gambi, e arato il campo; allora si sono trasferiti in certo mangime al limite della piantagione. Al posto dei giorni belli e lunghi ne successero