Gli statuti marittimi veneziani 33 » portu, et contingerit quod se jungat cum alia nave » cui mollata aqua fuerit (che penasse ad avanzare; Gugliel-» motti cit.), vel que periculata fuerit, et in aliquo portu » vel extra portum eam invenerit, liceat patrono eius-» dem navis et illis qui fuerint in ipsa nave, recipere » de rebus ipsius navis ad suam voluntatem et ponere » ubi eis melius placuerit». Viene meglio determinato il precetto nel cit. cap. corrispondente degli St. dello Zeno coll’ aggiunta : « si vero propter hoc patronus » plus caricaverit » (si allude ai precetti sul massimo carico permesso) « penam aliquam non incurrat. Patronus » vero qui contra hunc ordinem fecerit, totum naulum » quod receperit, de rebus illis nostro comuni debeat » emendare». Il trasbordo si subordina poi all’assenso della maggioranza dei negozianti e marinai. Sia per "intento di riporre il corredo personale, che col sistema d’allora comprendeva anche cose attualmente fornite dall’imprenditore del trasporto, sia per quello di collocare merci proprie o d1 altri da negoziare, come avveniva in ispecie nel caso di colleganze, rese facili anche alle persone dell’ equipaggio in forza dell’uso della portata permessa, si concedeva a ciascun negoziante, marinaio, milite o sacerdote, di portare nella nave una cassetta (non però più d’ una) affine di riporvi ciò che volesse, diritto non accordato invece ai servi (St. del Tiepolo c. 30 e dello Zeno c. 55). Ed era la prestazione del padrone della nave siffattamente limitata soltanto al trasporto, che ogni noleggiatore o marinaio era altresì autorizzato (St. del Tiepolo c. 31 e dello Zeno c. 56) a portarsi sulla nave un letto (lectulus) od un materasso, ciò però limitatamente al peso di sette rotoli, per il di più pagando il nolo. I dettagliati ordinamenti legislativi non toglievano che restasse un certo margine alle pattuizioni contrattuali, e di conformità a ciò si legge negli St. del Tiepolo (c. 38 corrispondente al citato c. 97 degli St. dello Zeno sotto l’intito-