Gli statuti marittimi veneziani 3> rispondeva così soltanto la sostanza mobiliare del patrono. Riguardo agli obblighi dell’equipaggio durante la traversata, vuole il c. 34 degli St. Z. che il nocchiero e i marinai si trovino sulla nave prima che essa esca dal molo di S. Nicolò, e che vi rimangano durlmte il viaggio d’andata, salvo il caso di licenza debitamente ottenuta. Parimenti durante il viaggio di ritorno non dovevano abbandonare la nave che dopo il suo ingresso nel molo anzidetto. Le licenze non potevano mai estendersi a più che una terza parte dei marinai. L’ allontanamento arbitrario era colpito da sanzioni penali. L’obbligo di denunzia, che si vide già i marinai avevano riguardo agli abusi dei patroni, sul quale versa eziandio il c. 34, viene in esso esteso anche agli abusi dei compagni che contravvenissero al precetto di residenza sulla nave. Il concetto della compania de nave, che già da più tempo sovrastava al governo della spedizione marittima, come ci è noto, a norma delle consuetudini venete, viene appositamente sanzionato e praticamente regolato dal-1’ art. 73 degli St. dello Zeno : de quinque qui preesse debenl in navibus et aliis lignis ad ipsas regendas. In tal modo trova la sua sintesi quell’elemento sociale nei rapporti fra gl’ interessati alla navigazione, a cui si collegano tanti speciali precetti degli Statuta dello Zeno. Dei suddetti cinque uno era il patrono, uno il nocchiero e gli altri tre, se vi erano negozianti a bordo della nave, dovevano essere eletti da questi nel loro seno a maggioranza di voti. Eranvi pene contro i patroni che non si fossero adoperati per la costituzione di questo corpo e per i negozianti che avessero contrastata 1’ elezione. I cinque predetti dovevano agire collettivamente, e perciò a maggioranza di voti, e i loro poteri erano navigandi, armi\andi, colandi, calatidi (navigare, combattere, cacciare in fondo (un altro legno), abbassare (le vele) o mettere in mare lo schifo) ponendi velam, mutandi velam, eligendi temonarios.........et in omnibus aliis