si riesce nemmeno a sapere quale fosse l’entità numerica delle due armate. Certo si è che il Lauria disponeva di un numero di unità minore di quello del suo avversario. Il Toucy, pensando che il Lauria avrebbe concetrato il suo sforzo contro la galera capitana, prese la formazione in linea di fronte, disponendosi colla Capitana al centro e facendosi affiancare dalle 4 galere più fortemente armate ed equipaggiate. Su tutte le unità angioine avevano preso imbarco numerosi feudatari del Reame di Napoli tra i quali spiccavano Simone di Monfort, il Conte di Brienne, Filippo di Fiandra e molti altri membri delle più cospicue famiglie di Francia. Sebbene gli storici non abbiano fatto cenno della formazione adottata dal Lauria per combattere, è logico ritenere che egli abbia fatto assumere alle sue galere l’ordinanza abitualmente da lui prescelta. Prima dell’inizio del combattimento il Lauria convocò a consulta i varii comandanti per concretare l’attacco ed egli stesso distribuì nel modo migliore le galere, tenendo conto del valore di ogni singolo co-mito. Fatto questo egli, armato di tutto punto, salì sulla poppa della sua Capitana in modo da essere ben veduto da tutti i comiti e poter così dare gli ordini direttamente, infondere coraggio ai dipendenti ed incitare tutti alla lotta. (23 giugno 1287). Egli ordinò che si lasciasse al nemico fare largo uso di munizioni senza rispondere nella fase iniziale del combattimento, ciò nella convinzione della necessità di mantenere le proprie forze intatte il più possibile per piombare con esse al momento propizio sul nemico già stanco. Il segnale d’inizio della battaglia fu dato dal Laura con un fischio al quale risposero i fischi di tutti i comiti delle galere. Una delle galere siciliane, poco dopo avvenuto il contatto tattico, oltrapassò la linea della formazione e venne perciò assalita da un numero superiore di unità nemiche che la sottomisero. Il Lauria allora ordinò il contrattacco che si sviluppò con estrema violenza. Il centro nemico cominciò poco dopo a cedere e le galere angioine furono invase dagli equipaggi siciliani che con l’azza e la spada trucidarono quanti si paravano loro davanti. Anche questa volta Enrico De Mari, quando vide delinearsi l’esito sfavorevole della battaglia riuscì a prendere il largo. Caddero in potere del Lauria 42 unità nemiche e circa 5000 prigionieri, tra i quali i due Comandanti, Simone di Monfort e moltissimi altri nobili francesi. Il bottino conquistato fu immenso. Questa grande vittoria segnò l’apogeo della gloria marinara del Lauria ed il suo nome in tutto il Mediterraneo incusse sempre maggior terrore. Era logico ritenere che dopo l’annientamento dell’armata nemica il Lauria si sarebbe impadronito in nome del Re d’Aragona della città di Napoli; ma per ragioni che non appariscono con evidenza egli, dopo aver inviato a Messina una parte delle sue unità per rimor- 47