Dell’assedio di Reggio il Neocastro (1) narra un episodio atto a dare una idea dell’attività del Lauria. Egli travestito da pescatore si recò fra le navi nemiche e potè così udire le grida sediziose dei marinai napoletani che volevano ritornare alle loro case e abbandonare l’assedio e persuadersi in qual conto doveva tenere il nemico. Il Lauria appena l’armata nemica lasciò Reggio, uscì da Messina inseguendo le unità in rotta verso il Tirreno. Ritornato a Messina, sicuro che l’armata nemica non era in condizioni di tentare qualsiasi azione offensiva, nell’ottobre riprese il mare dirigendo verso la costa di Barbaria ove assalì l’isola delle Gerbe conquistandola (2) Il Manfroni (3) giustamente ritiene che questa spedizione ha avuto il solo scopo di far nuovo bottino e dar così il modo agli equipaggi di sostenersi nei mesi d’inverno. Essendo nel frattempo venuto a morte (7 Gennaio 1285) a Foggia Carlo d’Angiò, sul trono di Napoli gli successe il figlio Carlo lo Zoppo che come si è detto era prigioniero del Re d’Aragona. Il Pontefice allora, scomunicato Pietro IIP, mise il Re di Francia Filippo 111° a capo di una pseudo crociata contro l’Aragonese ed inveisti della Corona d’Aragona Carlo di Valois. La direzione delle operazioni nel Napoletano fu affidato al Conte Roberto d’Artois nominato Luogotente del Re prigioniero. Il Re di Francia convinto che per debellare l’Aragonese il miglior mezzo era quello di invadere la Catalogna facendovi incoronare Re Carlo di Valois, iniziò grandiosi preparativi per effettuare nel più breve tempo possibile l’impresa. Contemporaneamente all’invasione terrestre Filippo IIP preparò nei porti di Provenza un’armata della quale facevano parte anche galere di armatori pisani e genovesi su cui presero imbarco molti marinai di ventura gelosi della prosperità raggiunta dalla marina catalana. Il Re d’Aragona mandò subito suoi messi in Sicilia per avvertire il Lauria di quanto avveniva e per sollecitarlo a raggiungere al più presto la Catalogna. Ma il Lauria aveva già lasciato Messina per devastare le coste di Puglia e del Golfo di Taranto che non avevano ancora sperimentato i sistemi di preda dèi suoi equipaggi. Egli fece ritorno a Messina soltanto ai primi di agosto ed in obbedienza agli ordini del suo Sovrano decise di ripartirne lasciando 10 galere nel porto per far fronte a qualunque evenienza. Costeggiando la sponda africana volse le prore verso la Catalo- disertori dell’armata. Ciò dimostra che le diserzioni tra i marinai della flotta angioina dovevano essere assai frequenti e numerose. (1) B. Neocastro — Collez. 1091 — Opera citata. (2) Negli «Annales Januenses» (Voi. V, pag. 60) è scritto che la spedizione contro la Gerbe è stata compiuta con 20 galere armate «ad expensas suas piroprias». Aggiunge poscia che egli spogliò l’isola di tutto e portò in Sicilia moltissimi prigionieri che vendette sul posto e fece vendere «per alias diversas partes mundi». (3) C. Manfroni — Opera citata — pag. 103. 43