quella di cercare di ottenere l’aiuto di Genova che aveva appena conclusa la pace con Venezia. Ma a Genova le discordie tra i gruppi di famiglie parteggianti per i Guelfi ed i Ghibellini non permisero di concludere nulla, malgrado le allettanti offerte fatte per il commercio genovese in Sicilia. Soltanto le famiglie ghibelline diedero un buon numero di galere, ed inviarono nuovamente Corrado D’Ori a per riassumere il comando dell’armata. In tal guisa ai Siciliani fu possibile mettere in linea un’armata di 32 galere- li Lauria dopo la vittoria di Capo Orlando si era recato a Napoli dove con la sua meravigliosa attività si dispose ad approntare un’armata numerosa il più possibile per poter effettuare la sottomissione della Sicilia nell’anno seguente. A tal uopo cercò nuovamente, ma senza risultato, di ottenere aiuti da Venezia (1) che però essendo ancora in guerra con l’impero d’Oriente non poteva pensare ad altro. Nella primavera del 1300 il Doria, lasciato il porto di Messina, diresse verso il golfo dj Napoli dove il Lauria lo attendeva con un’armata di un terzo almeno superiore alla sua. Questi, deciso fermamente a combattere e sicuro della sua superiorità, saputo che il Doria si aggirava nelle acque di Ponza, non esitò a muovergli contro. L’urto tra le due armate avvenne appunto a Ponza il 14 giugno 1300. La lotta fu da ambo le parti vivacissima e per un certo tempo di esito incerto. Ma d’un tratto 5 galere di armatori genovesi dell’armata del Doria si allontanarono dalle acque del combattimento. Le galere siciliane tentarono invano di resistere ancora ma soltanto sei riuscirono a porsi in salvo; tutte le altre caddero in potere del Lauria. La Capitana di Corrado Doria si difese con valore grandissimo e si arrese solo quando il Lauria vi fece appiccare il fuoco. Inumana e feroce fu anche questa volta la condotta del Lauria che fece accecare e mutilare tutti i balestrieri genovesi imbarcati sulle galere siciliane cadute nelle sue mani. Corrado D’Oria, un figlio suo, il fratello Simone, Oberto ed Antonio suoi parenti, vennero fatti prigionieri ed attesero in carcere la liberazione finche non venne stipulato il trattato di pace. Colla sconfitta di Ponza pareva che la sorte della Sicilia fosse ormai segnata, ma nel 1301 in seguito a violente burrasche le armate angioine, mentre si trovavano nelle acque dell’isola, vennero quasi completamente distrutte e non poterono così sbarcarvi le truppe destinate a rioccupare l’isola. Nella primavera del 1302 il Papa Bonifacio VIIIo desideroso che finisse una buona volta la guerra, indusse Carlo di Valois ad organizzare una spedizione destinata a conquistare definitivamente la Sicilia, mentre a Napoli si concentrò un’armata di oltre 100 unità ancora al comando del Lauria. (1) C. Manfroni — Opera citata — pag. 185. Nota 3. 53