« mar videlicet francese, yspano, portoghese che non fazino insulto a « le galie di viazi, perchè el comodo fa il ladro». L’armata franco-veneziana giunse il 11 Ottobre a Metelino. Tra gli alleati, per le ragioni alle quali abbiamo accennato, non vi era molto spirito di sincera collaborazione, tanto più che l’armata di Rodi non si fece vedere. Avendo intanto il Pesaro avuto notizia «che a Costantinopoli il « gran Turco faceva meter in ordine 40 galere per dar socorso a Mete-« lin» (1) ed avendo il Ravenstein manifestato l’intenzione di rinunziare alla impresa, il Capitano Generale decise di recarsi davanti ai Dardanelli con 24 galere veneziane e lasciò i due Provveditori d’Arma-ta colle rimanenti galere a Metelino per cooperare nell’impresa coi franco-genovesi. Avuta però notizia che non era probabile l’uscita della flotta ottomana dagli stretti ,diresse su Metelino avendo saputo che Camalli di ritorno dai mari di Ponente voleva soccorrer l’isola assediata. Ma Camalli disponendo di 22 sole unità a remi non ritenne di esporsi a un combattimento e si rifugiò nel sicuro porto di Smirne. Le operazioni terrestri dell’isola si svolgevano con scarsa energia e, conquistato il borgo, si stava assediando il Castello. La versione veneziana e quella francese sullo svolgimento degli avvenimenti non sono concordi; certo si è che i Veneziani non erano persuasi del vantaggio che sarebbe derivato a Venezia dalla conquista di Metelino, ma uno storico francese, il Guerin (2) riconosce che durante le operazioni a terra i nobili francesi davano prova di insubordinazione e non obbedivano agli ordini che ricevevano. Una notte in una insenatura non vigilata dalle unità alleate, sbarcarono da alcuni schirazzi poche centinaia di giannizzeri guidati da un figlio di Bayazet che riuscirono a giungere inosservati sotto il Castello assalendo di sorpresa gli assedianti. Marco Zorzi (3) scrive che : «li « Francesi comenzò a voltar le sue artellarie e ritirarse in driedo e « abandonarne. I quali se vedeva manifestamente che i ne voleva aban-« donar e assasinar per modo che i nostri perse la vigoria». Così finì l’impresa di Metelino ed il Ravenstein abbandonò senz’altro l’isola. Attraversato il canale di Scio i Francesi raggiunsero Cerigo, ma in quelle acque furono sorpresi da una violenta tempesta. La nave «La Lomellina» generalizia si perdette sugli scogli ed il Ravenstein riuscì a stento a salvarsi. Un’altra nave «La Pensée» che aveva 250 uomini di equipaggio si perdette completamente essendo scampati al naufragio soltanto tre marinai. Nelle azioni svoltesi intorno al Castello di Metelino rimase ferito il Provveditore d’Armata Loredan, morto poco dopo in seguito alle ferite riportate. In una relazione inviata al Senato da Milo, il Pesaro si dolse viva- ci) Codice Citato della Bibl. del Museo Correr. (2) Guerin — Historie de la Marine — I 395. (3) Codice citato della Biblioteca Museo Correr. 133