Il 19 Maggio 1501 quando Marino Molin Capilano delle galere di mercanzia di Berutti, ritornando a Venezia seguito a breve distanza dall’armata del Pesaro, avvistò le coste meridionali della Morea, venne informato che nel porto di Zonchio si trovavano alla fonda 16 fuste corsare. Egli rallentò perciò il suo cammino per essere raggiunto dal Capitano Generale e, temendo che le fuste uscissero dal Porto per assalirlo, proseguì la sua rotta verso l’Jonio. Il Provveditore della fortezza Marco Loredan allora, visto che le galere di mercanzia non gli avrebbero prestato alcun aiuto, essendo assalito da terra e dal mare, si arrese avendo salva la vita e gli averi. Si arresero anche a Camalli le galere dei Sopracomiti Pisani, Falier e Basadonna. Sul far della notte giunse in vista dello Zonchio il Capitano Generale che, credendo non ancora avvenuta la resa della piazza, fece numerosi fuochi per rincuorare il presidio ed entrò nel porto coll’intenzione di sbarcare le truppe appena fatto giorno, ma, spuntato il sole, vide sventolare sulle torri della fortezza !a bandiera turca. Considerato che uno sbarco in quelle condizioni avrebbe avuto conseguenze disastrose, dato il forte contingente di truppe turche presenti sul posto, il Pesaro con dolore vi rinunziò ed accettò l’invito fattogli da Camalli di prendere a bordo coloro che si erano arresi. Egli proseguì quindi la sua navigazione fino a Corfù. Ivi giunto consegnò il Loredan e gli altri colpevoli al bailo Pietro Lion perchè li tenesse in prigione e nello stesso tempo informò degli avvenimenti il Consiglio dei Dieci perchè procedesse contro i codardi. Ad avvalorare la relazione del Capitano Generale anche il Lion scrisse al Senato queste gravi parole: (1) «Quegli erano in rocha come putane se deteno a pati, salvo l’aver e le persone». La condotta del Loredan non merita certamente alcuna scusa; bisogna riconoscere però che anche la condotta di Marino Molin fu quanto mai riprovevole, ed a questo proposito lo stesso Lion scriveva infatti che «apena le galie di Berutti intesero che turchi per terra e « per mar essere a torno al Zonchio, senza amor a la patria si levono « et andono alla volta del mar come fossero perseguitati». E’ evidente quindi che questo fatto ha avuto una grande influenza sul morale dei difensori sebbene essi dovessero essere a conoscenza che le galere di mercanzia erano seguite dall’armata del Capitano Generale che avrebbe fatto l’impossibile per evitare la resa della fortezza. Giunto il Pesaro a Corfù ebbe la soddisfazione di avere sotto i euoi ordini un’armata (2) numerosa colla quale sperava non solo di misurarsi con quella nemica, ma anche di poter compiere conquiste importanti appena fosse stato raggiunto dagli alleati. (1) Sanudo — Diarii — Voi. IV — Col. 47. (2) Dai Diari di Sanudo (Voi. IV - Col. 268) si ricava che per l’anno 1502, oltre alle galere armate per conto del Pontefice, la Serenissima riuscì a mettere in linea le seguenti: Galere che già si trovavano in Armata N. 19; Galere armate a Candia N. 12; Galere armate a Corfù N. 2; Galere armate in Dalmazia N. 5; Galere armate in Puglia N. 6; Galere armate a Verona e Salò N. 3; Galere armate a Venezia N. 6. 130