In questa contingenza il Caracciolo, spinto dal desiderio di contrastare Fazione del nemico, uscì dal porto di Napoli con cinque barche cannoniere movendo ad attaccare le due navi inglesi. L’indomani egli fu raggiunto anche dalla «Cerere», da altre due cannoniere e da due bombardiere mentre 4000 soldati francesi per via di terra movevano contro Castellamare che venne ripresa. Le navi inglesi furono obbligate ad allontanarsi di là per l’energica azione svolta dal Caracciolo con la sua flottiglia. Il 24 Aprile però le navi inglesi si presentarono davanti a Sorrento che alzò bandiera regia. Intanto i Francesi, lasciati deboli presidi a Castel S. Elmo e nelle città fortificate del Regno, si disponevano a partire per l’Alta Italia dove la loro presenza era richiesta in seguito all’andamento che avevano preso le operazioni dopo l’entrata in azione nella valle del Po dell’esercito austro-russo del Generale Suvaroff. Nelson, che anelava di misurarsi con l’armata francese già uscita da Brest, voleva che l’episodio insurrezionale di Napoli venisse liquidato al più presto e perciò inviò colà i suoi emissari per intensificare la sollevazione dei borbonici nella città. Troubridge lasciò il golfo di Napoli dove rimase la sola fregata «Seahorse» al comando di Foote e la fregata napoletana «Minerva» al comando di Thurn, con 7 cannoniere, 4 galeotte ed una bombardiera. 11 Caracciolo, visto il piccolo numero di unità navali rimaste nel golfo di Napoli, pensò fosse giunto il momento di combattere e perciò il 16 Maggio lanciò un nobile proclama col quale annunziava di voler effettuare una operazione decisiva e chiudeva con questo invito: «i « legni già pronti, la buona causa ci guida, la gloria ci attende. Andiamo». Egli riuscì a riunire a Miseno 6 bombardiere, 8 cannoniere, 2 galeotte ed un buon numero di lancie. Lasciato il porto dopo mezzogiorno, nella serata si avanzò nel canale di Procida disponendo la sua flottiglia in linea di battaglia di fronte al nemico e all’alba del 17 iniziò il fuoco al quale il nemico rispose. La fregata «Minerva» venne circondata dalla flottiglia del Caracciolo che si lusingava ormai di conquistarla. Ma d’improvviso si alzò un vento molto fresco che coll’aiuto della corrente fece derivare la flottiglia in posizione pericolosa sotto la costa, tanto da renderne facile la cattura. Il Caracciolo, convinto dell’impossibilità di ottenere un ulteriore vantaggio, si decise di ordinare la ritirata che venne effettuata nel modo migliore consentito dal vento. Egli ritornò a Napoli dove si accinse a riparare le avarie subite dalle sue unità ed a organizzare una nuova spedizione contro Procida con forze superiori. Ma ormai la Repubblica stava agonizzando. Il 5 Giugno il Caracciolo uscì ancora in mare con 5 galeotte che trasportavano un contingente di truppe destinato ad attaccare alle spalle le bande del Cardinale Ruffo giunte ormai nei dintorni della città. Nel combattimento awe- 192