603 MDXXI, FEBBRAIO. 604 3621' Capitolo di una letera di Roma, data a dì ultimo Zener 1520, serita per Zorzi Castixeo drizata a sier Hironimo Querini qu. sier Riero. Questi dì passati l’è occorso uno caxo in uno castello chiamalo Civita ducale, in Ahruzo, nel stado del reame, in qual locho sono parte Ursina, dove si atrovava uno capo di parte amico dii qu. signor Zuan Paulo Bajon, nel qual loco dimorava la fiola del ditto signor Zuan Paulo moglie del signor Ca millo Ursino, parche el Viceré di Napoli mandò uno comessario a posta per piar quel capo de parte, si dice per voluntà dii Papa, il qual comessario havea con sé 50 fanti a piedi et 25 cavalli lizieri, el visto esso capo di parte si saludono l’uno con l’altro, et il comessario lo prose per la mano et fense amorevolmente menarlo secho fino a la forteza over palazo, e come el fo dentro : « Voi seli prexon dii Viceré, » e fozelo meter in ferri. La fiola dii signor Zuan Paulo, inteso, mandò a rechieder ditto prexon più volte al prefato commissario, e lui sempre recu-sando, hor dita dona si messe in ordine con quasi 100 done con spade sotto le vesture loro et andorono al palazo dove dimorava dito comessario, et el comessario non voleva che le venisseno di sopra, et loro volseno andar, e si andò davanti di lui, li dimandò dilto prexon con dolze parole, e lui pur ricusando che non poteva senza licentia dii Viceré, quelle, vedendo la sua obstinazion, cazono man a le arme, el amazorno dui di quelli dii dilto comissario e lui ferito scampò per una faneslra, et le done cri-dorono : Urso, Urso, et reaverono dito prexon capo di parte in dito dominio. Sichè dite done si fezeno grande honor, non da done ma da paladini. Fo dito el Papa voleva mandar uno homo al Soldan novo; par che ha dismesso nè si parla altro. 363’1 Copia di una letera scritaper il signor ducha di Urbino a monsignor illustrissimo dì Lutrech, data a Todi, a li 19 di Genaro 1520. Illustrissimo et excelentissimo signore. Hoggi ho ricevuto la letora di V. S. Illustrissima, di 14, e pur una altra sua al signor marchese di Saluzo, et una dii magnifico oratore Pesaro, dove ho inteso quanto l’habbi designato et risoluto delle cose di qua; sopra (1) La carta 361 * è bianca (2; La carta 362* è bianca. le quali havendomi esso magnifico orator Pexaro scritto particularmente, ho anco risposto particolarmente a sua magnificenlia, da la quale son certo che Vostra Excelentia intenderà il tutto. Et son anco certo che ’l prefato signore Marchese responderà quanto ii occorre, però io di ciò non dirò altro a quella, ma ben grandemente la ringratiò de l’opra per lei fata fare a Venegia, di la qual gli resto con tanto magior obligatione, quantochè gli è piaciuto di farla senza esserne stala da me recercata. Et venendo a la risposta che gli é siala falla, dico non haver mai desiderato che la guarda tenuta et che si tiene a la signora mia consorte el mio figliolo sia poca per aver comodità di farli fuggir, cosa che prima vorei la morte loro et mia che farla: nè el dispiacer mio è perchè siano ove sono; et queslo se può chiaramente comprendere dallo averceli io mandali di mia spontanea volontà; ma ben mi è doluto el dole quanto V. S. Illustrissima po’ pensare che vi sian tenuti della sorte che sono, el che ciò hab-bia possuto et possa persuadere al mondo che li signori patroni mei illustrissimi habbino diffidenza di me, il quale così in servigio loro come in qualsivoglia altro loco dove io sia stato ho fatto sempre il debito mio con tutta quella fede che havea, et operar possi un fidelissimo huomo et signore. Et come che attribuisco il lutto a la disgratia mia et a l’opra di maligni et malevoli mei, che habian potuto causarlo, così confido che la Illustrissima Signoria per la molla prudenza sua habbi a conoscere quello che è a quest’ hora, però mi persuado li possa esser noto di la innocenlia mia, et consequentemente per la sua 363 * infinita bontà dare a le cose mie quella resolutione eli’ io desidero. Per hora non sapendo che allro dire se non che confido anzi mi rendo certo che Vostra Excelentia per l’amor che io so che la mi porta ogni volta che gli occorerà poiermi far piacere et beneficio in qual si voglia cosa lo farà senza aspelare esserne da me ricercala, sicome ho fato hora, et lo di quanto la farà gli ne sarò sempre obbligatissimo et mostraroli in ciascuna cosa a me possibile, così l’o-bligo che debbo havergliene come il desiderio mio grandissimo di farli servigio. Di Todi, a li 19 di Genaro. Dii mexe di Fevrer 1520. 364 A dì primo. Introe do Consieri a la banca, sier Polo Donado et sier Daniel Renier Cai di XL, perché in la Quarantia criminal inlrò ozi sier Michiel Fo-scarìni qu. sier Andrea, sier Jacomo Barozi qu. sier