Se vares di mandami Un cialiàr no ciolarès, Cun chei quatri che guadagna, No *l manten nancia un poles, Giulieta, E opsasè, Nineta, No 7 manten nancia un poles! (S’io dovessi maritarmi, non prenderei un calzolaio, con quei quattro che guadagna, non mantiene neanche un pollo, Giulietta, e opsasè Ninetta, non mantiene neanche un pollo !) I familiari rimanevano, dopo aver cenato, ancora un paio d’ ore in cucina, quindi, dopo essersi augurata a vicenda la buona notte (huna gnot), andavano a dormire. 1 vecchi ed i giovani padroni di casa, nelle bianche stanze da letto al primo piano, i giovanotti nel fienile sopra la stalla (in tal fen), le ragazze invece in soffitta (sul ciàst). In cucina non rimanevano che i due innamorati, seduti sulla panca, dietro all’ ampio focolare ... e il gatto, che faceva la fusa vicino alla cenere calda. Mentre i due lasciavano sfogare i loro affetti, dal di fuori si udiva la villotta: O se biel luzor di luna, O se biel a fa Vamor; Li fantatis in cuzina E i fantas dongia di lor. (Oh! che bel chiaro di luna, oh! che bello a fare l’amore; le donzelle in cucina ed i giovanotti accanto a loro.) Ogniqualtanto lei, per accarezzarlo, gli dava uno spintone col gomito nei fianchi, che lui glielo contraccambiava con un pizzicotto nelle ben tornite braccia. Poi, per stuzzicarlo, usciva con domande di questo genere: «Che cibi t’appronta tua madre, che puzzi tanto d’aglio, ch’io non posso rimanerti vicina?» (Se mangiàs ti fas to mari, che sp'ussis tant di ai, che jo no ti podi sta nancia dòngia ?) Alle prime luci del giorno nascente, quando il gallo cominciava a cantare, il giovanotto abbandonava quella casa del suo cuore, e la donzella andava, per alcune ore, a sdraiarsi sul pagliericcio. Quando le visite del giovanotto cominciavano a farsi più frequenti, il padre della ragazza si decideva di chiedergli il motivo di quelle. Egli allora si faceva comprendere, a mezze parole, ch’era intenzionato d’averla per moglie. Il futuro suocero (misièr) gli diceva infine: «Se questa è la tua intenzione, e, se i tuoi sono contenti, dì a tuo padre di venire domenica ad otto dal notaio, dove ci combineremo;». (Se chista l’è la to intension, e 5e i toi son contèns, digi a to misser pari di vigni, domenia Vot, ca 7 nodàr, che si cum-hinar'm.) La domenica fissata, i due vecchi si trovavano dal notaio. Davanti a questi il padre dello sposo faceva donazione al proprio figlio di un appezzamento di terreno fertile (bon terèn), sufficente per ricavare tutto il necessario per la futura famiglia. Il padre della sposa donava, di solito, alla figlia una casa con i suoi annessi. Dopo firmati i rispettivi contratti, i vecchietti andavano a solennizzare la futura parentela con una colazione di mezzamattina (marìnda) che consisteva per lo più in un piatto di cappucci acidi con delle salsicce di carne di maiale, accompagnati da qualche boccale di generoso vino del Collio, nell’osteria di Francesco Pelican in Contrada delle Monache. II matrimonio veniva celebrato per San Martino oppure durante il Carnevale. * La settimana che precedeva le nozze, la sposa mandava il corredo (bàia) nella casa dello sposo. I paraninfi (donzei) conducevano il corredo su d’ un carro tirato da buoi, che avevano la testa inghirlandata di foglie di lauro. Pure guarniti delle stesse foglie erano 220