colata. Quest’ ultimi costavano cinque soldi, mentre tutti gli altri dolci, a cominciare dalle porzioni di sfogliata sino alle fette di torta, non costavano che quattro soldi. Nel negozio Alpi in Via del Giardino era esposta della frutta, che sembrava provenisse dalla biblica terra promessa. Nocciole grandi come castagne, mandorle dal guscio aranciato, uva appassita riposta in eleganti scatole di cartone, grappoli di datteri, reste di fichi levantini, prugne sbucciate e dorate (amoli) del Collio, stivate in cassette di legno, di cui la ditta Francesco Alpi, prima che la California invadesse coi suoi prodotti i mercati europei, ne esportava in tutti gli stati compresa la lontana Russia. Da Lazzar in Via del Rastello, e da Antonio Potatzky nella stessa via, empori goriziani di giocattoli negli anni addietro, v’ era di che accontentare i gusti delle mamme, che andavano in cerca di qualche oggetto adatto per offrire in dono ai figlioli per la Festa di San Nicolò. Anche i giocattoli d’allora erano differenti di quelli che oggi appassionano i bambini. I ragazzi che, la sera prima di coricarsi, mettevano un piatto oppure una scarpa sul davanzale della finestra, perchè il santo vescovo riponesse i doni, trovavano, svegliandosi la mattina, oltre le ghiottonerie che potevano venire acquistate nei negozi sopraddetti del Glessig, del Paulin o dell’Alpi, anche i giocattoli del Lazzar, del Potatzky (zujatui dal Potaschi), che consistevano in scatole con casette di legno dipinte a colori vivaci (ciazhtis), trombette (p'wis) pure di legno, soldatini di piombo e, per certi, non mancava un fascio di verghe legate con un nastrino rosso... donate da compare Satana (diàu), ch’era venuto a portare i doni ai ragazzi cattivi invece di San Nicolò. In quella mattina i ragazzi cantavano il vecchio adagio: San Nicolò di Bari, La festa dei scolari. Se no faremo festa, Ghe tajaremo la testa. Santa Lucia (Lìissia) dispensava 1 doni alle ragazze. La sera del dodici dicembre, vigilia della Santa, esse ponevano alla finestra una calza, che la mattina seguente trovavano riempita di ogni ben di Dio. Ma le grandicelle, e più maliziose, cantavano in quei giorni : Santa Lucia, Ma se la mamma Mamma mia, Non li mette, Porta i bomboni Resterà svode Nella calzetta mia. Le calzette Alle ragazze era riservata la sorpresa di trovare le bambole (pupìnis) di legno con certe facce rubiconde come tanti ravanelli. Bambole di cartapesta dalla testa incerata, sulla quale stavano incollati i capelli, dal colore di spiga di frumento, e minuscoli utensili di cucina. Eravamo ancor molto lontani dai giocattoli di latta colorata e pressata. Le Lenci, civettuole, erano ancora nel mondo della luna. I mercati giuliani erano invasi dai prodotti delle fabbriche di Norimberga. * Durante il dicembre la durata del giorno, secondo il detto popolare, si allungava a principiare dal tredici del mese : Di Santa Lìissia fin Nedàl, Cres il dì un pit di gial. (Da Santa Lucia fino a Natale, il giorno cresce un piede di gallo.) Di Nedàl fin a l’an gnov, Cres il dì un pas di loti. (Da Natale sino a Capodanno, cresce il giorno un passo di lupo.) Da l’an gnotì fin la Pifania, Cres ’na pissula mincioneria, (Da Capodanno sino l’Epifania, cresce una piccola minchioneria.) 239