di quelli or ora menzionati, la de Morelli possedeva un paio di «bucole di perle, ed oro» e un paio di «orecchini grandi con ingranate ligate in argento indorato». Attorno al collo portavano una collana formata da molti fili di cordone d’oro (cordon spagnolèt). Veniva chiamato cordone spagnolo perchè anticamente proveniva dalla Spagna, la quale, dopo la scoperta dell'America (1492), era la più ben provvista di quel metallo nobile. Le collane erano di due specie, massicce (cordòn plen) o vuote (cordon minut). Tutte e due avevano una finezza superiore ai diciotto carati e talvolta raggiungevano perfino i ventidue carati. Consistevano di solito di sette o otto fili, le contadine ricche però, quelle del Borgo San Rocco e di Sant’Andrea, portavano collane di dieci fili, che in allora venivano a costare circa cento fiorini. Le collane portate dalle donne del Friuli (cordòn furlan) erano più grosse delle antecedenti, ma vuote, e, il titolo della loro finezza era inferiore ai diciotto carati. Talune contadine portavano un vezzo di coralli rossi (un fil di corai ros); le cittadine avevano invece attorno al collo una collana di granate della Boemia, di colore rosso scuro (cordòn d’ingranatis). Dalla collana pendeva una croce (eros) di filigrana d’oro, oppure una stella d’oro a sette punte. Altri pendagli erano il medaglione (madajòn) e il cuore (cur), ambidue erano apri-bili. In questi gioielli veniva conservata la ciocca di capelli del fidanzato, data quale pegno d’amore. L’ usanza dei fermagli (pontapès) è di data recente. Le donne del popolo lo portavano d’oro, quelle del ceto medio di corallo lavorato a foglie. Il pontapèt d’oro, di grande formato, era a intreccio e aveva anche qualche pietra preziosa. L’anello di fidanzamento (anèl di promisiòn), che il fidanzato donava alla sua futura metà, era di solito un anellino con tre granate oppure con tre imitazioni di turchesi. La vera matrimoniale veniva acquistata per ambidue dallo sposo. I contadini adulti, tanto gli uomini che le donne, portavano degli anelli con una piastra in forma di mandorla (a placa). Tra gli anelli, che venivano portati dai ceti medio e nobile, ricorderemo quelli di fidanzamento, con una corniola romana d’Aquileia; le rosette di diamanti (anei a roza), con una pietra grande nel mezzo e sette piccole all’ingiro in un castone d’argento aventi la vera in oro basso, cioè di poca finezza. V’erano poi quelli di filigrana d’oro con nel mezzo una grande pietra colorata, quelli più recenti a biscia (a bissa), con un diamante sopra la testa del rettile. Gli uomini costumavano portare nel lobo dell’orecchio sinistro un orecchino con una mezza sfera alla quale era attaccato, quale pendente, un triangolo internamente vuoto (rec'm cun t’una mièza cupèla cui triàngul uèt di dentri). Secondo un’ antica superstizione, l’orecchino aveva la virtù di schiarire la vista a chi lo portava. In tempi più recenti a quella specie di orecchini venne sostituito il «moro» con una testa di africano. Il portare un orologio da tasca, la sevòla (cipolla), costituiva un lusso tale che poteva permettersi soltanto il podestà (potestàt). L’orologio era di quelli a catena (silmdro), che veniva caricato con una bellissima chiave, che serviva da ciondolo. Di argento v’ erano le fibbie (fiubis) delle scarpe. Quelle dei nobili erano bellamente lavorate, quelle del ceto medio erano semplici, come quelle d’oggidì (ghiti-ghiti, che si fazin àncimò uè). Gioielleria goriziana : anello a mandorla 73