ARISTON DI FEBBRAIO Le scampagnate a Moncorona - Il lunedì dei calzolai - A San Mauro - Le maschere in piazza - Feste di beneficenza - I confetti nuziali - Trattenimenti dei nobili - I balli della borghesia - Martedì grasso del 1863 - La Clapa dell’Angelo d’oro -Proclama irredentista - In casa dei nostri nonni - Il veglione in Sala De Fiori -Le recite nella soffitta di Virginio Mengotti - La Società famigliare di musica e drammatica - Il Corso carnevalesco - La cavalchina rosa - Un funerale comico. Il mese di febbraio, a Gorizia, segnava un precoce risveglio primaverile. Alle uggiose giornate di gennaio, talvolta accompagnate da una nebbia diaccia, seguivano delle belle giornate di sole che invitavano i goriziani alle scampagnate nei dintorni della città. Il vecchio pronostico per la Purificazione di Maria sbagliava di rado: « Per la Madonna candelora, de l’inverno semo fora». I cittadini andavano la domenica nel pomeriggio all’ osteria al Gambero a Moncorona per bere l’ambrato vino della valle del Vipacco, in cui infondevano l’aromatica pimpinella, colta cammin facendo sui morbidi margini dei fossati lungo la strada, e, per gustare la salsicce casalinghe arrostite in un foglio di carta straccia sulle brace oppure riscaldate nelle ceneri calde nella buca del focolare. Vicino ai tavoli s’aggiravano i venditori ambulanti di pettorali, tra cui Zualdìn (Osvaldo) e suo fratello Bai (Liberale) cadorini, con le rilucenti caldaie di rame portate a tracolla, ricolme di succosi e gustosi spinagarba di montagna, che i clienti immergevano ancora fumanti nei bicchieri di vino. Non mancavano i ragazzi del villaggio, che offrivano in vendita le castagne allesse, traendole da una pentola coperta con dei brandelli di stoffa. Ognitanto i frequentatori di quell’osteria, e giovani e vecchi, intonavano la villotta: Li fantatis gurisànis Jan la dota dal Fritti, Si n acuarzin la matina Quand che cianta il ruzignul. (Le ragazze goriziane hanno la dote del Friuli, se ne accorgono la mattina, quando canta l’usignuolo). Verso notte i cittadini ritornavano in città, dopo aver lanciato un’ occhiata di compassione attraverso l’ampio portale del sacro recinto di Grassigna (Grazigna), che custodiva le spoglie mortali degli scomparsi padri di Gorizia d’ un tempo. * II lunedì gli artigiani marinavano le officine (fazèvin il lunis). Le osterie verso la periferia della città - come quella di Siora Zeza (Teresa Terpin) a metà strada tra Gorizia e Salcano (a mieza strada di Salcàn) e a poca distanza dalla 13