apportatrice di cotidiano lavoro alla classe artigiana e di grandi ricchezze non solamente per Gorizia, ma per tutta la sua provincia. Un perturbamento non indifferente le arrecarono le guerre a cavaliere del Settecento e dell’Ottocento. Parecchi setaioli si trasferirono a Vienna portando con sé i telai, i disegni originali e il ricco e svariato campionario. Ma 1’ arte nostrana della seta doveva ben presto riconquistare le sue vecchie onorate posizioni, non già per merito dei platonici dispacci di Vienna, bensì per l’intraprendenza di alcuni coraggiosi cittadini, che la portarono ad altezze mai prima d’allora raggiunte. * Verso la seconda metà dell’ Ottocento venivano prodotti nella nostra provincia cinquecentotredicimila funti di bozzoli. Da quest’ ingente quantitativo è facile arguire il grande numero di affari, che venivano conclusi nel breve spazio di un mese, che tanto o poco di più durava quella stagione. Per il mercato dei bozzoli era riservato il loggiato del chiostro del fu Convento di San Francesco in Piazza Sant’Antonio, dove, per rendere più spedita la pesatura, erano state introdotte nel 1871 delle bilance a corba. Tra le goriziane, che sul finire dell’altro secolo, commerciavano con la gaietta, vanno ricordate Maria Candutti, Giuseppina Sigon, Orsola Favot, Mansa Zongher, Maria Mo-settig, Marianna Crainer e nostra nonna, dal lato materno, Luisa Bascar in Sinigoi, proprietaria d’una filanda situata in Via dei Vetturini (ora Carlo Favetti). * Il tredici giugno, per la Festa di Sant'Antonio, il portale della chiesetta di Senàus, che sorge al posto dov’era stata la cella del Taumaturgo, quando nel 1225 venne predicare a Gorizia, veniva bellamente adornato di gigli bianchi. L’interno appariva come una vaghissima serra di fiori, 1 aitar maggiore era tutto una sinfonia di bianco e di verde intramezzata da rami avvizziti sui quali i bachi da seta, dopo essere stati a filare, si erano trasformati in crisalidi. Gli arboscelli con i bozzoli costituivano il tradizionale omaggio delle mercantesse di gaietta al Santo di Padova... A pochi passi di distanza, ma sempre nello stesso corpo dell’ edificio conventuale, Scèftn dai lens, nella sua ben nota osteria, faceva ottimi affari ammanendo le porzioncine di ghiotta trippa di vitello al pecorino, di piselli al tegame con le gustose fette di prosciutto montanino e spillando il profumato vino Franconia, nel quale i buongustai mettevano in bagno le delicate pesche dei Rafutti o quelle, non meno prelibate, di Montevecchio. * Una giornata di una certa importanza era pure quella di San Luigi, in cui i ragazzi si accostavano per la prima volta al Sacramento della Comunione. Per le vie si vedevano dei ragazzi tutti lindi e puliti, con un grosso cero infiorato in mano, che si recavano alla chiesa cinquecentesca di San Giovanni Battista. Ogni neo- Conte Enrico cT Auersperg Busto di Frane. Bonazza Torcitrice piemontese del decimottavo secolo Da un’ incisione del tempo 98