« Il nostro municipio, come di già lo saprete, è finalmente formato. Nel novero dei ventiquattro consiglieri, ond’esso è composto, ed i nomi dei quali avete ormai rilevato dalle altre gazzette, che mi prevennero nella pubblicazione di tal notizia, sonvi sette dottori in legge, un dottore in medicina, un notaio, due sacerdoti, un geometra, nove fra negozianti e merciaiuoli, un artigiano, un impiegato in pensione, un capitano fuori di servizio. Il ceto degli artigiani non vi è, come vedete, rappresentato che da un solo individuo; i maestri, cui incombe fra le cose importanti la più importante, vale a dire : 1’ educazione della gioventù, vi sono, come se non esistessero al mondo, totalmente negletti insieme coi buoni villici, dei quali ultimi v’ha nel comune meglio che duemila sopra una popolazione complessiva di dodicimila abitanti. Per ciò che riguarda la nazionalità, quattordici consiglieri sono di origine italiana, cinque di origine slava, cinque d’alemanna. In quanto alla fede che professano, vi trovo venti cattolici, due protestanti e due israeliti. Per nascita si distinguono, un conte, un barone e cinque nobili, uno dei quali ha pure il rango di cavaliere. Fin a questo punto non vi sarebbe che dire, ne dassi motivo alcuno di muoverne lamento o di farla da severo censore, stante che gli eletti sono tutte persone d’indubbia probità - ma voltiamo pagina, e vi troveremo un curioso capitolo. Esso capitolo canta così : Una dozzina di individui, i quali non sono al caso nè di conoscere nè di accorare quanto importi l’aver un buon municipio emerso dal libero e spontaneo voto della popolazione, solevano ragunarsi, capitanati da un certo tale ogni sera in una taverna, e là fra il tocco dei bicchieri e facendo copiose libazioni a Bacco e fra nugoloni di denso fumo di zigari, il mondo a tutto loro talento, dividendone e dandone una parte a questo ed una a quello, designavano, proponevano, sceglievano e nominavano da prima a consiglieri comunali gli uni piuttosto come gli altri, e poi dibattevano intorno alle misure da prendersi, onde ai loro desideri ed alla loro volontà gli elettori si piegassero. E la mattina, succedente a quelle orgie notturne, i nostri della lega, muniti e delle necessarie istruzioni e di una lista nominale, onde il loro capo aveali provveduti, si vedevano quai cani levrieri correre ansanti per tutta quanta la città, e varcare ogni tanto la soglia o di questo elettore o di quella vedova elettrice, cui presentavano delle schede già belle e riempite, oppure sostituivano ai nomi già scritti nelle schede originali, altri nomi, magnificando durante sì lodevole e arcinobile operazione con frasi loro insegnate dal capitano Spaccalancia ed apprese convenientemente a memoria, il sommo decoro e lustro e l’immenso vantaggio che deriverebbe alla città nostra, quando quelle dette persone si adaggiassero mollemente sulle soffici seggiuole dei padri coscritti. Abbiamo, si ! un nuovo consiglio comunale, e siamo convinti un buono ; ma ad altri, e non a noi, si vada a raccontare, essere esso sortito dal non estorto e non fuorviato voto del popolo! Invece di gire per il mondo a spacciare di simili baie, atte sole a far addormentare i bimbi, si dica, seppur si voglia essere veritieri, che la formazione del nuovo consiglio fu un’ arte, un’ opera di monopolio di poche persone, le quali vollero ad ogni costo trarre profitto dall’altrui dabbenaggine, incuria e debole discernimento, incoraggiate a ciò, ed in ciò validamente assistite da chi tremava, si confondeva e si perdeva al solo pensare, che ci andava del suo quanto ambito, altrettanto arrogante e non più oltre tollerabile ascendente, e di una pingue prebenda che qui non è il luogo di giudicare se meritata da lealtà e da fermezza di onesti principii». * Ciò non pertanto a Carlo Favetti era riservata l’intima gioia, per la notte del tredici giugno 1861, di una sodisfazione maggiore, quella cioè di vedersi fare dai propri concittadini una calorosa dimostrazione di stima e di affetto sotto le finestre dell’abitazione, accompagnata dalla Banda civica in divisa e da numerosi portatori di fiaccole. Gli evviva al suo nome venivano intramezzati da grida di: Abbasso il nonzolo!, epiteto affibbiato dal popolo al precedente podestà e : A morte i cinquantini ! nomignolo dei cinquanta elettori che avevano protestato contro la nomina del Favetti a podestà della sua e nostra adorata Gorizia. 112