La dimostrazione diede buona esca all’autorità politica per architettare un’accusa contro i promotori della stessa. Ecco come si svolsero i fatti in quella notte memoranda, giusta uno squarcio della deposizione fatta da un testimonio, tale Giovanni Keck, citato davanti il giudice istruttore il dì ventidue giugno 1861 : « Interessato dal parroco del Duomo, come ogni anno, a provvedere per diversi cittadini, i quali avrebbero da intervenire nella processione del Corpus-Domine onde accompagnare con torce il Santissimo, dissi al Reverendo Signor Parroco, eh’ egli farebbe benissimo a rivolgersi direttamente in iscritto al fratello del signor Carlo Favetti (Giovanni Ne-pomuceno) e Giuseppe Dell’ Agata (proprietario del Caffè Nazionale in Contrada Nobile), avendo questi e Compagni oggidì maggior mano in queste cose, e che questi certo ot- Giovanni Nepomuceno Favetti tenessero lo scopo desiderato. Il Reverendo Parroco accon- Da un dipinto ad olio sentì alla mia proposizione, inviò ai medesimi una gentile dl Annlbale s,tatta lettera colla quale li pregò ad intervenire alla funzione suddetta. Questi, trovatisi oltremodo onorati dal gentile invito avuto dal suddetto Reverendo Signor Parroco, intervennero in numero grande nella sala dei preti al Duomo, ove erano già preparate le sessanta torcie, che io ed il Dell’Agata, sopra loro richiesta, avevammo acquistate, stabilendo col venditore nell’ istesso tempo per economizzare, il prezzo del frugo in monte. Terminata la funzione furono deposte le torcie di nuovo nella sala dei preti sino al giorno susseguente. Ancora nella sera del medesimo giorno abbiamo, io e il Dell’Agata pesate le torcie, fatto il conto ed accumulati i soldi per pagare il frugo di dette torcie, avvenuto nella festa del Corpus Domine: quando c’insorse l’idea, che in breve tempo dovesse venire la Sovrana approvazione del neoeletto podestà Favetti, desiderata generalmente da tutta la città, per la quale festa eravi pure prefissa una gita colle torcie così, onde economizzare e non avere a pagare doppio frugo, cioè quello già avvenuto per la festa del Corpus Domine, come pure quello che avrebbe dalla festività progettata come sopra, di trattenere le torcie medesime, onde in tal guisa dopo terminata la suddetta festività, fossero restituite al venditore pagandovi soltanto un frugo. Sotto frugo intendesi il peso, che viene computato a fiorini uno e cinquanta soldi all’atto della consegna, ed a fiorini uno, in restituzione. Conchiuso quindi di trattenere le torcie per il motivo ora esposto, fui interessato a conservarle presso di me essendo il più vicino alla Metropolitana (il Keck teneva una bottega di spazzole nella casa d’angolo tra la Via Rastello e delle Monache), ciò che io pure feci trattandosi di fare un piacere. Fino al giorno di Sant’Antonio (13 giugno) nessuno fece menzione delle torcie, che io aveva presso di me. La mattina di quel giorno, verso le ore dieci antimeridiane, recossi presso di me Giovanni Nepomuceno Favetti dicendomi le precise parole: «Hai inteso, che quest’oggi si terrà musica da Cattarini (cioè nella Trattoria Cattarmi) per avvilire mio fratello e tutti i suoi amici?». A ciò io gli risposi: «Non penso che questo sia la ragione, perchè tu vedi e sai tu stesso, che in ogni luogo vengono tenute le musiche onde divertire la popolazione, può intervenire, senza eccezione, qualunque, quando paghi lo scotto d’intranza di dieci soldi». Dissemi pure il suddetto Favetti che anche i nobili (l’aristocrazia) di Gorizia fe-steggiaranno, con un pranzo in nostro dispetto, la respinsione della nomina del suo fratello ; a questo io gli risposi : « Non romperti la testa per queste cose, che tutto ciò non accadrà ! ». Così terminato, senza dire ulteriori cose, se ne partì. Intesi, poiché io non trovavami presente alla seduta municipale nelle ore pomeridiane di quel giorno nella sala provinciale, che il signor Consigliere municipale Carlo Favetti avesse detto, dopo che fu preletto il Decreto contenente la non conferma sua a 113 8