Le portate si susseguivano incessanti. V’ erano volpine, branzini, orate, sogliole e l’immancabile anguilla marinata di Marano lagunare, servita sugli infiorati piatti del maiolicaro goriziano Pietro Braus. Donde tanta grazia di Dio, con la carestia di pesce in pescheria? Un viaggetto a Trieste risolveva subitamente lo spinoso problema. 11 primo sono delle campane per la messa di mezzanotte trovava i nostri vecchi alle saporite ballotte accompagnate dal Cividino. Allora venivano accese le candele dell’albero e incominciava la distribuzione dei doni ai familiari. 11 momento tanto atteso era finalmente giunto ! Le tremolanti fiammelle si rinfrangevano nei fili d’argento, che brillavano come filoni di blenda, nella stanza si espandeva un rinfrescante profumo di conifere, prodotto dai rami di abete che, venuti a contatto con la fiamma, bruciavano lanciando intorno a sè degli spruzzi azzurrognoli di resina infocata. 1 commensali passavano di poi al tradizionale gioco di tombola. Ogni numero estratto veniva accompagnato da un lepido frizzo. In qualche famiglia veniva eseguita un pò di musica, e più volte le vecchie arie sonate dall'ariston avevano la virtù di far trarre dei profondi sospironi ai nonni presenti alla festa tradizionale. Molto in voga era il duetto di Paolo e Virginia. Un cartellone illustrava le fasi più salienti del loro sventurato amore. Qualche burlone imitava invece l’assolo di Facanapa, appreso da Reccardini. * Grande folla di gente in Duomo. Tutti anelavano di udire la vecchia Pastorella, diretta dal maestro Corrado Cartocci. Era una canzone pastorale, che ricordava i tempi dei sonatori in parrucca e l’eco lontana dei concenti ricavati dagli organi del Callido e dai violini di Antonio Pelizon ... Mentre i fedeli assistevano alla sacra funzione, alcuni giovanotti si divertivano di passare attraverso le gonne delle donne un filo, abbastanza grosso, onde impedire loro 1’ uscita dalla chiesa. 11 lettore può immaginarsi il pandemonio che ne seguiva e le contumelie, che venivano lanciate verso i presunti autori di quello scherzo di cattivo genere. I erminata la messa, alcune allegre comitive andavano a correre in fila indiana attorno il Mercato coperto in Piazza Sant’Antonio, altre invece andavano ad attendere lo spuntare del giorno nell’osteria dello Zei o in quella di Carlo Ransanès. * Una volta ì veglioni mascherati nel nostro teatro avevano inizio già la Seconda festa di Natale. Prima di parlare di questi, meriterà ricordare brevemente alcunché di questo nostro tempio dell’ arte e di qualche sua peculiarità. Nel 1739, Giacomo de Bandeu, faceva erigere, sopra un fondo di sua proprietà, dal capomastro Antonio Vidrig, un teatro che rimase preda delle fiamme nel marzo 1779. Risorse più ampio per volontà di Filippo de Bandeu. Questi lo riaprì al pubblico nel giugno del^ 1 781 con il melodramma giocoso per musica «1 viaggiatori felici», del maestro Pasquale Anfossi, direttore dell’opera italiana a Londra e ben noto a Praga, Dresda e Berlino, ove aveva fatto eseguire sue opere. Dalla sua erezione in poi il teatro subì vane modificazioni tanto all’ esterno che nel- 1 interno. Sopravvissuto, anche se gravemente danneggiato, all’ ultima guerra, esso ci attesta, col suo glorioso passato, una delle più fulgide pagine della cultura e dell’ italianità della nostra città. Un lucido disegno a penna, eseguito nel 1861 dal barone Giuseppe Floreano For-mentini, ci ricorda ancora le fattezze del Teatro Bandeu. 244