PASTELLI NOVEMBRINI Alla questua del panetto - Campane a morto - Processioni macabre - Rimembranze - All’ombra dei cipressi - La cena di San Martino - I cambiamenti di casa - Uno sfratto - Il Mercato della seta - Amori e costumanze nuziali - Epitalami modesti - Da un ricettario di cucina - La triaca - Indovinelli - Preghiere della sera - Indirizzi di omaggio a Graziadio Isaia A scoli - Drammatica autunnale. Verso la fine d’ottobre comparivano in mostra, nelle vetrine degli offellieri (scale-tièrs) Cesciutti e Conforto, le rinomate pinze, confezionate per la festa di Tutti i Santi, il primo di novembre. In quel giorno, per antichissima consuetudine, i ragazzi della Bianca venivano in città per chiedere il panetto dei morti (pagnut), mentre quelli di Gorizia andavano in cerca dello stesso alla Bianca, a San Pietro, a Sant’Andrea e a Valdirose, chiedendolo con queste parole : Siora parona mi da il pagnut ? Nessuno rifiutava il donativo a codesti piccoli mendicanti d’ occasione, i quali, avutolo, si affrettavano di riporlo in una bisaccia, che portavano sullas palla. L’offerta del pane, secondo una vecchia credenza goriziana, serviva per satollare in quella giornata i poveri defunti. I panetti avevano l’aspetto di piccole focacce. A Sant’Andrea li confezionavano con la farina di gransaracino. Nelle vetrine dei pasticceri facevano bella mostra di se le fave da morto, i «marròns glacès», i «fondants», che i consueti avventori domenicali usavano d’acquistare per la giornata della Commemorazione dei Defunti. Giorno di mestizia codesto, in vecchia Gorizia, che la fasciava tutta come in un cerchio invisibile di funerea tristezza. * Alle quattordici del primo di novembre le campane della città incominciavano sonare a morto, per finire - dopo una pausa di sei ore, tra le ventidue e le quattro - alle dieci del giorno successivo. I campanai di professione, e quegli avventizi, andavano per le case con una panciuta damigiana alla questua del vino. Nel mezzo della Metropolitana veniva eretto un catafalco sul quale erano esposti due teschi umani con i relativi femori incrociati, che mettevano indosso la paura a tutti i fedeli. Una vecchia credenza goriziana voleva che i morti si destassero al suono dei lugubri rintocchi di quei giorni, per prendervi parte alla processione macabra per i viali e fra le tombe del cimitero, tra le ventiquattro e 1’ una e che, prima di riassopirsi, venissero a salutare 1 parenti, manifestandosi con qualche rumore insolito entro le pareti domestiche. * 214